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Aulularia: riassunto e analisi della commedia di Plauto

Aulularia o Commedia della pentola è una commedia di Plauto scritta fra il 195 e il 184 a.C. Prende il titolo dalla pentola (in latino aulula) dove il vecchio avaro Euclione tiene nascosto il suo tesoro. La trama della commedia è abbastanza semplice e lineare: è caratterizzata dallo scontro generazionale tra giovani e anziani e sulla comicità derivante dagli equivoci.

Aulularia riassunto trama

Il vecchio Euclione, un avaro che si fa passare per poverissimo, ha trovato in casa una pentola piena d’oro sotterrata da suo nonno all’insaputa di tutti. Da allora ha perso la pace per il timore che la pentola venga scoperta e rubata.

Il ricco vicino di casa Megadoro gli chiede in moglie la figlia Fedria: è disposto a sposarla sebbene la ragazza non abbia una dote. Euclione acconsente, ignorando però che Fedria è stata sedotta da uno sconosciuto durante le Cerealia, le feste in onore di Cerere, e ora aspetta un bambino.

Lo sconosciuto seduttore è Liconide, nipote di Megadoro. Il giovane, saputo delle prossime nozze dello zio, confessa a Euclione la sua colpa, chiedendo a sua volta in moglie Fedria.

Intanto Strobilo, servo di Liconide, scovata la pentola con il tesoro, l’ha rubata, ma è disposto a darla al suo padrone in cambio della libertà.

Purtroppo la commedia è giunta priva del finale, ma si può verosimilmente credere che, in cambio della libertà, Liconide si facesse restituire il denaro dal servo; quindi lo restituiva a Euclione e questi gliela concedeva quale dote insieme alla figlia. Il finale col quale viene rappresentata è stato scritto nel XV secolo dall’umanista Urceo Codro.

Analisi

Con questa commedia nasce e diventa popolare la figura dell’avaro, che mette il possesso del denaro al di sopra di ogni altro valore. In essa Plauto prende di mira alcuni difetti umani come l’avarizia, l’avidità, la lussuria; parla degli aspetti ridicoli e disastrosi che provoca la sete insaziabile del denaro, delle sofferenze che provoca alle persone più care.

L’avarizia è la connotazione esistenziale di Euclione, quella che determina i suoi diversi modi di essere: collerico, screanzato, sospettoso all’inverosimile.

La figura di Plauto dell’avaro beffato ha avuto innumerevoli imitazioni e fu ripresa da Molière ne L’avaro.

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