Chi vuol esser lieto sia di doman non c’è certezza, è il ritornello, divenuto quasi proverbiale, con cui Lorenzo de’ Medici detto Il Magnifico (1449-1492) chiude ciascuna delle sette strofe della sua Canzona di Bacco, conosciuta anche come Trionfo di Bacco e Arianna, il più famoso dei canti carnascialeschi.
Scritta in occasione del Carnevale del 1490, questa canzone a ballo è una celebrazione della giovinezza e dei piaceri della vita, nonché un invito a godere dell’amore e delle altre gioie terrene quando ve ne è ancora la possibilità.
Chi vuol esser lieto sia di doman non c’è certezza – significato
Chi desidera essere felice approfitti del presente, goda giorno per giorno delle gioie della vita, perché non si sa cosa gli potrà accadere domani. È il tema del “cogliere l’attimo”, che Lorenzo il Magnifico ricava dalla celebre formula del Carpe diem dell’undicesima ode del poeta latino Orazio.
Qui di seguito troverete parafrasi e commento de Il Trionfo di Bacco e Arianna o Canzona di Bacco.
Canzona di Bacco parafrasi
Quanto è bella l’età della gioventù,
che però fugge continuamente!
Chi vuole essere felice lo sia:
del futuro non c’è certezza.
Questi sono Bacco e Arianna,
sono belli e l’uno è innamorato dell’altra:
siccome il tempo fugge e inganna, se ne stanno sempre,
insieme contenti.
Queste ninfe e le altre persone sono sempre allegre.
Chi vuol essere felice lo sia:
del futuro non c’è certezza.
Questi felici piccoli satiri
innamorati delle ninfe,
hanno teso loro cento agguati nelle caverne e nei boschetti;
ora, riscaldati dal vino di Bacco,
continuano a ballare e saltare.
Chi vuol essere felice lo sia:
del futuro non c’è certezza.
A queste ninfe fa piacere essere
insediate dai satiri: infatti possono
fare resistenza all’Amore
solo le persone rozze e sgraziate:
ora tutte insieme continuano
a suonare e cantare.
Chi vuole essere felice lo sia:
del futuro non c’è certezza.
Questo peso che segue il corteo
sopra un asino è Sileno:
così vecchio è ubriaco e felice,
già pieno di carne e di anni;
se non riesce a stare diritto in piedi,
almeno ride e si diverte.
Chi vuole essere felice lo sia:
del futuro non c’è certezza.
Li segue Mida:
tutto quello che tocca diventa oro.
ma a cosa serve avere la ricchezza,
se poi non ci si accontenta mai?
Quale piacere potrà mai sentire
chi continua ad avere sete (desiderio)?
Chi vuole essere felice lo sia:
del futuro non c’è certezza.
Ognuno apra bene le orecchie,
nessuno riponga le proprie speranze nel futuro;
oggi siamo, giovani e vecchi,
tutti felici, sia le donne che gli uomini;
si allontani ogni pensiero infelice:
continuiamo a festeggiare.
Chi vuole essere felice lo sia:
del futuro non c’è certezza.
Donne e giovani innamorati,
evviva Bacco evviva Amore!
Ognuno suoni, balli e canti!
Il cuore sia ardente di dolcezza!
Nessuna fatica e nessun dolore!
Quello che deve succedere, accada.
Chi vuole essere felice lo sia:
del futuro non c’è certezza.
Canzona di Bacco spiegazione e commento
La canzone è composta da sette strofe di versi ottonari a rima varia, con un ritornello che si ripete ad ogni strofa. Il linguaggio è semplice e quotidiano. Sono ricorrenti i verbi e gli aggettivi che riguardano la gioia, la festa e il divertimento.
La Canzone di Bacco di Lorenzo de’ Medici è la più celebre tra i canti carnascialeschi. Animata da un ritmo facile e incalzante in cui si concreta musicalmente l’invito a godere del tempo che fugge, esprime in realtà il vivo sentimento dell’inquetudine e della precarietà.
Le prime cinque strofe della Canzona di Bacco presentano, in una ben precisa successione, i diversi personaggi mitologici del carro trionfale: Bacco, dio dell’ebbrezza (Dioniso greco), e Arianna sua sposa, figlia di Minosse e di Pasifae; insieme rappresentano l’amore.
Con loro ci sono le ninfe (prima strofa), simbolo dell’erotismo femminile, della bellezza, della vitalità e della natura, e i satiri (seconda strofa), che rappresentano l’erotismo maschile. Le ninfe accettano l’inganno amoroso dei satiri (terza strofa): perché solo le persone rozze e incapaci di amare possono resistere all’Amore.
Segue Sileno, che fu precettore di Bacco (quarta strofa), è un uomo vecchio, sempre ubriaco e in carne: rappresenta i piaceri della tavola, del cibo. Dopo di lui, viene il re Mida, che aveva ottenuto dal dio Bacco, come ricompensa per avergli ritrovato Sileno, il dono (rivelatosi poi rovinoso) di trasformare in oro tutto ciò che avrebbe toccato (quinta strofa).
Le due strofe finali si rivolgono a tutta la città in festa, con un rinnovato invito alla gioia e al godimento, alla sospensione di ogni pena; ma l’esaltazione dionisiaca resta comunque velata da quel ripetersi del verso finale del ritornello, che suggella tutto il componimento: «Chi vuol esser lieto sia: di doman non c’è certezza».