L’espressione latina locus amoenus, cioè “luogo ameno, piacevole”, indica un paesaggio naturale, con limpidi corsi d’acqua, piante e alberi rigogliosi, prati verdeggianti, canti d’uccelli, la presenza di animali docili e amabili, lo spirare di brezze carezzevoli, che conciliano un dolce riposo.
Si tratta di un “topos letterario”, cioè un’immagine ricorrente, che consiste nella rappresentazione di un luogo ideale, puro e incontaminato, dove sono annullati i conflitti consueti della vita e l’individuo conduce un’esistenza serena, idillica, felice, armoniosa.
Esempi di impiego del topos del locus amoenus
La prima attestazione la si può riconoscere nell’Eden o Paradiso terrestre di cui racconta la Bibbia. Da Omero in poi scrittori e poeti se ne sono serviti nelle loro opere conferendovi di volta in volta una valenza adatta al loro scopo.
Nell’Odissea, secondo poema di Omero, sono due gli spazi con le caratteristiche del locus amoenus: Ogigia, l’isola abitata dalla ninfa Calipso (libro V Odissea) e il giardino della reggia di Alcinoo (libro VII Odissea).
Odissea: l’isola di Ogigia e il giardino di Alcinoo
L’isola di Ogigia (libro V Odissea) presenta i caratteri di un paradiso terrestre lussureggiante, tanto incantevole da estasiare anche un dio, Hermes, che, quasi dimentico della sua missione, per qualche istante si ferma a contemplare. C’è un bosco rigoglioso di ontani, cipressi e pioppi. Il bosco racchiude tenere distese erbose, prati fioriti di viole e di sedano; nei pressi sgorgano quattro sorgenti che versano la loro limpida acqua in direzioni opposte. Sul bosco volteggiano uccelli ciarlieri e cornacchie marine che riempiono di suoni una natura tanto perfetta da apparire splendida e misteriosa.
Il giardino di Alcinoo (libro VII Odissea), re dei Feaci, lascia allibito anche un eroe come Odisseo, abituato dalle sue esperienze di viaggio a conoscere ogni tipo di cose stupefacenti. Il giardino di Alcinoo è un oasi di armonia (è infatti dono degli dèi). Frutteto e orto insieme, è ricco di tutta la gamma delle verdure e degli alberi da frutto ordinatamente disposti in filari e si configura come il tipico giardino mediterrraneo. In questo giardino, segno della benevolenza divina, le piante producono a ciclo continuo: i peri, i meli, i melograni, i fichi e la vite mostrano infatti contemporaneamente verdi germogli, fiori, frutti acerbi e frutti maturi.
Fedro di Platone
Nel Fedro di Platone, per Socrate, Fedro e gli altri discepoli il locus amoenus è un boschetto ombreggiato da un grande platano e rinfrescato da una sorgente, presso il fiume Ilisso, alle porte di Atene, dove sedersi e discorrere.
Divina Commedia
Anche nella Divina Commedia troviamo tale topos, rispettivamente nel canto VII del Purgatorio (la valletta dei principi negligenti) e nel canto XXVIII del Purgatorio (il Paradiso terrestre).
Locus amoenus Petrarca
C’è poi il locus amoenus che Petrarca descrive a un amico in una delle Epistole Familiari: la dolce bellezza del paesaggio presso le sorgenti della Sorga, in Valchiusa, a pochi chilometri da Avignone. In questo rifugio campestre, il poeta cercò la pace del suo spirito nell’otium intellettuale, nell’aristocratico appartarsi in meditazione lontano dal volgo e dai fastidi concreti della vita attiva.
Locus amoenus Boccaccio
Per Boccaccio il locus amoenus è il luogo dove giunge la brigata dei 10 novellatori: è uno splendido giardino di un ricco palazzo del contado fiorentino, che l’autore descrive nell’Introduzione alla Terza giornata del Decameron. È un delizioso piccolo Eden, un’oasi di serenità immersa nel verde; il giardino è disseminato di fiori; da una fonte zampilla dell’acqua, che poi in forma di ruscelletti scorre, con un rumore appena percepibile, lungo il prato, mentre il canto degli usignoli e di altre varietà di uccelli allieta il cammino e conferisce un senso di serenità. Non c’è da stupirsi che il locus amoenus del Decameron sia per i 10 giovani il luogo di fuga dalla tremenda realtà della peste del 1348 e dove resteranno fino al termine della loro permanenza fuori città.
Locus horridus
In opposizione al locus amoenus c’è il locus horridus. Il locus horridus presenta caratteri opposti al locus amoenus: sempre alberi, che però non danno lieta ombra, ma tenebra tetra, acque cupe e torbide, spelonche buie e paurose. A questo topos si conformerà la descrizione della selva oscura dantesca.