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Discorso del bivacco di Mussolini – 16 novembre 1922

Il discorso del bivacco è il nome con cui viene definito il primo discorso pronunciato da Benito Mussolini il 16 novembre 1922 alla Camera dei Deputati in veste di Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia.

Benito Mussolini, nominato Capo del Governo dal re Vittorio Emanuele III subito dopo la marcia su Roma dei fascisti (28 ottobre 1922), ere lì quel giorno per illustrare il programma e chiedere il voto di fiducia al suo primo governo di coalizione. Dell’esecutivo facevano parte tre ministri fascisti, due popolari, due democratici, un nazionalista, un demosociale, un liberale, un indipendente e due militari. Si era tenuto per sé due dei dicasteri più importanti: gli interni e gli esteri. Aveva 39 anni e, fra minacce e rivendicazione della violenza, il capo del fascismo riuscì comunque a ottenere la fiducia.

Discorso del bivacco 16 novembre 1922 – Il primo discorso di Benito Mussolini alla Camera dei Deputati come Capo del Governo

Nel suo celebre discorso d’insediamento, Mussolini esordì evitando di rivolgersi ai deputati con la formula abituale “Onorevoli colleghi” sostituita da un molto meno deferente e più secco “Signori”.

Proseguì con voce secca e atteggiamento di esplicita prevaricazione, chiarendo che la sua richiesta di fiducia era solo “un atto di formale deferenza”.

E, dopo aver rimarcato con compiacimento: “Mi sono rifiutato di stravincere e potevo stravincere”, il Presidente del Consiglio si fece solennemente minaccioso: “con trecentomila giovani armati di tutto punto, decisi a tutto e quasi misticamente pronti a un mio ordine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di infangare il fascismo”; per poi, in maniera arrogante, pronunciare la celebre invettiva rimasta nei libri di storia: “Potevo fare di questa aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto“.

Lo fece il 3 gennaio 1925, quando, dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, il deputato leader dei socialisti unitari, che nel giugno 1924 era stato rapito e ucciso da squadristi fascisti, con un altro storico discorso, si assunse la responsabilità politica, morale e storica dei fatti, e chiudeva “l’aula sorda e grigia”, che nei tre anni precedenti non aveva saputo opporglisi in alcun modo.

 

 

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