Il Congresso di Vienna venne aperto ufficialmente il 1° novembre 1814 e si concluse con la firma dell’atto finale il 9 giugno 1815. Il ministro degli Esteri austriaco Metternich fu l’autentico regista dei lavori.
Nel Congresso di Vienna gli imperi d’Austria e di Russia e i regni di Prussia e Gran Bretagna (le quattro grandi potenze che avevano sconfitto Napoleone) si riunirono con le potenze minori.
Lo scopo principale era di garantire all’Europa un lungo periodo di pace. Imperi e nazioni, infatti, erano ridotti quasi alla bancarotta da vent’anni di guerre, nei quali, per contrastare il sogno imperiale di Napoleone Bonaparte, avevano dovuto mettere in campo eserciti immensi, mentre le campagne venivano devastate e i commerci languivano.
Quegli stessi governi, inoltre, ancora terrorizzati dallo spettro della Rivoluzione Francese (1789-1799), intendevano imporre una Restaurazione, cioè un ritorno dell’Ancien Régime, in pratica il ritorno all’assolutismo.
È per questo che il rappresentante della Francia sconfitta, Talleyrand, riuscì a diventare uno dei protagonisti del Congresso di Vienna. Uomo di grande abilità, Talleyrand riuscì a far valere a vantaggio del suo paese il principio di legittimità. In base al principio di legittimità dovevano essere anzitutto restaurati i diritti «legittimi» violati dalla rivoluzione e, dunque, anche quelli dei Borbone di Francia. Era del resto interesse delle stesse potenze vincitrici fare della Francia monarchica un pilastro del nuovo equilibrio conservatore piuttosto che rischiare, umiliandola, di creare il terreno propizio per nuovi esperimenti rivoluzionari. Per questo motivo la Francia non subì alcuna amputazione rispetto alle frontiere del 1791.
Nell’ambito del Congresso di Vienna, i mutamenti più importanti rispetto alla situazione prerivoluzionaria si verificarono nel Centro e nel Nord dell’Europa.
La Russia infatti si espanse verso occidente, occupando buona parte della Polonia. Anche la Prussia si ingrandì a ovest, annettendo una serie di territori nella zona del Reno che si sarebbero poi rivelati di eccezionale importanza economica.
Gli Stati tedeschi si ridussero invece drasticamente di numero e furono riuniti in una Confederazione germanica, la cui presidenza era tenuta dall’imperatore d’Austria.
L’impero asburgico, sotto l’abile guida di Metternich, si affermò come il fulcro dell’equilibrio continentale ed ebbe riconosciuto un ruolo egemone sull’intera Penisola italiana.
Il Belgio e il Lussemburgo, uniti all’Olanda, formarono il Regno dei Paesi Bassi.
Nessun mutamento di rilievo si ebbe nella Penisola iberica, né nei Balcani.
La Gran Bretagna non accampò pretese territoriali sul continente, ma si preoccupò di assicurare in Europa un equilibrio tale da impedire l’emergere di nuove ambizioni egemoniche.
Per quanto riguarda l’Italia, essa fu così divisa:
– il Regno di Sardegna fu restituito ai Savoia (ricevendo, inoltre, in regalo da Metternich la Repubblica di Genova);
– lo Stato della Chiesa fu restituito al papato, consentendo però all’Austria di mantenere guarnigioni a Ferrara e Comacchio;
– il Regno di Napoli ribattezzato Regno delle Due Sicilie (legato all’Austria da un trattato di alleanze militare) fu restituito ai Borbone;
– il Lombardo – Veneto entrò a far parte dell’impero d’Austria;
– il Granducato di Toscana, il Ducato di Modena e Reggio, il Ducato di Parma e Piacenza furono consegnati a dinastie appartenenti ai rami cadetto degli Asburgo.
Più tardi lo statista tedesco Otto von Bismarck (1815-1898) avrebbe detto: “Al Congresso di Vienna i popoli furono tagliati a pezzi come pantaloni usati”.