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Manifesto del Futurismo di Marinetti: testo e commento

Manifesto del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), viene pubblicato sul quotidiano parigino Le Figaro il 20 febbraio 1909.

Il 20 febbraio 1909 sul quotidiano parigino Le Figaro fu pubblicato il Manifesto del Futurismo
Il 20 febbraio 1909 sul quotidiano parigino Le Figaro fu pubblicato il Manifesto del Futurismo

Quali sono i temi principali del manifesto futurista?

Il Manifesto del Futurismo contiene il programma ideologico del Futurismo (movimento artistico e culturale che sorge in Italia nei primi anni del Novecento):

  • il rifiuto totale dei valori tradizionali del passato, in quanto ritenuti espressione di ignoranza e di superstizione;
  • l’ansia di un rinnovamento artistico, politico e sociale;
  • il desiderio di una totale adesione al ritmo vorticoso della vita della moderna società tecnologica e industriale;
  • l’esaltazione della guerra concepita come «sola igiene del mondo».

Manifesto del Futurismo Marinetti

Fondatore del movimento futurista è Filippo Tommaso Marinetti (poeta, scrittore, drammaturgo). Tra le sue opere, oltre al Manifesto del Futurismo (1909), e al Manifesto tecnico della letteratura futurista (1912), relativo alle caratteristiche del linguaggio, ricordiamo: il romanzo Mafarka il futurista (1910), in cui diede completa applicazione al programma futurista; il poema Zang Tumb Tumb (1914), cronaca, sviluppata con la tecnica delle «parole in libertà», della prima guerra balcanica (1912-1913), alla quale egli assisté in veste di corrispondente.

Chi sono gli altri Futuristi?

Oltre a Marinetti, tra i principali rappresentanti del Futurismo si ricordano Aldo Palazzeschi, Corrado Govoni, Ardengo Soffici (poeta e pittore).

In campo artistico, invece, gli esponenti più rappresentativi sono i pittori futuristi: Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Carlo Carrà.

Manifesto del Futurismo testo

Dal  Manifesto del Futurismo, 1909:

1. Noi vogliamo cantare l’amor del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità.
2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
3. La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo…un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
5. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
6. Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l’entusiastico fervore degli elementi primordiali.
7. Non v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo.
8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!… Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente.
9. Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patritottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.
11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere e dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole pei contorti fili de loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.
È dall’Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il «Futurismo» perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquarii.
Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di rigattieri.
Noi vogliamo liberarla dagl’innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri innumerevoli.

Manifesto Futurismo commento

Il rifiuto del passato era dunque totale e violento e investiva direttamente istituti e persone che del passato fossero testimoni e custodi.
Il futurismo era un riflesso, violento e oltranzista, della crisi morale, politica e spirituale della società contemporanea; esso rispecchiava l’aspirazione a rompere con le tradizioni e i miti del passato che sembravano insensibili ai grandiosi progressi della tecnica e alle nuove esigenze della vita individuale e collettiva.

Di qui l’ambizione del futurismo di proporre una nuova concezione della vita e dell’uomo, e di incidere sostanzialmente in tutti i settori della vita sociale: dalla politica al costume, all’arte, alla letteratura.

Nel campo politico Marinetti e i suoi amici assunsero una posizione decisamente anticlericale, si dichiararono nettamente contrari al pacifismo, si fecero fautori di un radicale rinnovamento delle strutture economiche del paese.

Coerentemente con queste premesse essi furono interventisti, parteciparono alla Prima guerra mondiale, si fecero dopo la guerra sostenitori della italianità di Fiume e della Dalmazia, ed infine appoggiarono, pur non senza equivoci e fraintendimenti, il movimento del «fascismo».

 

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