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Leon Battista Alberti: vita e opere

Leon Battista Alberti nasce a Genova il 18 febbraio 1404. È figlio illegittimo di Lorenzo Alberti esponente di una ricca e potente famiglia fiorentina esiliata in Liguria per motivi politici.

Nonostante la malferma salute e l’ostilità dei parenti, Leon Battista Alberti studia prima a Padova, poi a Bologna. Diventa abbreviatore apostolico nel 1432 e mantiene questa carica fino al 1464. Di conseguenza soggiorna prevalentemente a Roma non senza però lunghe permanenze a Firenze, Ferrara, Rimini, Mantova.

Muore a Roma il 25 aprile 1472.

Perché Leon Battista Alberti incarna il prototipo dell’artista rinascimentale?

Leon Battista Alberti incarna ai livelli più alti la figura dell’intellettuale umanista; con la sua attività teorica influì sugli sviluppi del Rinascimento in Italia e in Europa.

Ingegno assai versatile fu, nello stesso tempo, architetto, archeologo, teorico dell’arte, matematico e anche scrittore. A lui si deve il Tempio Malatestiano in Rimini; il Palazzo Rucellai; la facciata di Santa Maria Novella in Firenze, tanto per citare le opere più famose.

Leon Battista Alberti opere

Quali sono le sue opere più importanti?

Del periodo fra il 1428 e il 1440 sono i dialoghi in latino Intercoenales (Dialoghi da leggersi durante la cena), di natura morale, ispirati ai princìpi dello stoicismo.

Contemporaneamente, sollecitato soprattutto dalla vista delle rovine e delle altre vestigia dell’antichità romana e dalla lettura del trattato latino De Architectura di Vitruvio, scrive Descriptio urbis Romae (Descrizione della città di Roma) e De pictura (La pittura).

De pictura fu poi da lui stesso tradotto in volgare l’anno seguente. Nella dedica esalta la grande impresa di Filippo Brunelleschi della cupola di Santa Maria del Fiore, che descrive come così grande e magnifica, «eretta sopra i cieli», da coprire con la sua ombra tutti i popoli toscani.

In questo trattato Leon Battista Alberti codifica le regole della prospettiva lineare risultanti dalle ricerche di Filippo Brunelleschi. Inoltre, vi presenta la pittura non più come un’attivita principalmente manuale, secondo la tradizione medievale, bensì l’assimila alle altre discipline letterario-filosofiche, in quanto ritenuta anch’essa strumento di ricerca intellettuale.

E infatti il De pictura resterà per tutto il secolo un testo fondamentale di riferimento per gli artisti, non solo fiorentini, e soprattutto per i  pittori, che vi troveranno, per esempio, le regole per impostare le scene narrate in un dipinto, per combinare le figure di un quadro e così via.

Scrive poi De statua (La scultura) e infine il De re aedificatoria (L’architettura) ricalcato sul trattato di Vitruvio. Portato a termine in dieci libri nel 1450, è stampato solo molti anni dopo la sua morte, nel 1485, a cura del poeta Angelo Poliziano e su iniziativa di Lorenzo il Magnifico.
In quest’ultima opera Leon Battista Alberti può giovarsi anche della sua esperienza di resturatore urbanistico di Roma (incarico che gli era stato affidato da papa Niccolò V) e di artefice del Tempio Malatestiano in Rimini.

A fondamento di tutte queste arti Leon Battista Alberti pone lo studio della matematica e della geometria. Si può dire che con questi trattati cominci la storia della teoria d’arte.

I principali criteri estetici che ispirarono la ricerca di Leon Battista Alberti furono i seguenti:

1 – alla base di tutto c’è l’imitazione della natura;
2 – l’uomo deve però aggiungervi la “bellezza”;
3 – per imitare la natura e raggiungere la bellezza è necessaria la conoscenza dei fondamenti scientifici delle arti (matematica e geometria soprattutto);
4 – l’artista deve essere un umanista e formarsi nello studio delle lettere, a contatto con i cenacoli umanisti, e non nelle botteghe degli artigiani.

A questi criteri generali egli aggiunge per l’architettura quello della utilitas (cioè dell’utilità o funzionalità), da congiungere alla venustas (bellezza).

Agli anni Trenta risalgono i dialoghi pedagogico-morali in volgare. I primi tre libri Della famiglia sono del 1433-1434; del 1440 è il quarto libro, sul tema dell’amicizia, dedicato alla Repubblica fiorentina in occasione del Certame coronario che egli stesso aveva promosso, con il patrocinio di Piero de’ Medici, per valorizzare l’uso del volgare. L’opera è scritta in volgare e ne contiene una difesa: il volgare può «giovare a molti» essendo comprensibile a un maggior numero di persone rispetto al latino (è questa un’argomentazione che risale al Convivio di Dante); se saranno i dotti a usare il volgare, essi ne faranno una lingua raffinata non inferiore al latino.

Il trattato è concepito come una serie di dialoghi fra i vari membri della famiglia Alberti, incontratisi a Padova in occasione della morte, nel 1421, di Lorenzo Alberti, padre dell’autore.

Al centro dell’opera è il tema della famiglia, considerata come il nucleo primo e il perno della vita associata, fondamento della vita perfetta e della felicità dell’uomo. Il primo libro tratta dell’educazione dei figli; il secondo dell’amore e del matrimonio; il terzo dell’organizzazione domestica, degli affari, dell’economia e della «masserizia», cioè del risparmio; il quarto dell’amicizia.

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