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A se stesso Leopardi parafrasi, analisi, commento

Giacomo Leopardi compone “A se stesso” nel maggio 1833 e la pubblica poi nell’edizione napoletana dei Canti (1835). La poesia fa parte del Ciclo Aspasia. Il titolo della raccolta fa riferimento ad Aspasia, l’etera amata da Pericle nel V secolo a.C.

La poesia trae spunto da un evento reale: la profonda delusione che il poeta prova quando scopre che la donna amata, la bella e colta signora dei salotti fiorentini, Fanny Targioni Tozzetti, non ricambia i suoi sentimenti. A lei Giacomo Leopardi attribuisce il pseudonimo “Aspasia”.

A se stesso Leopardi – la parafrasi

Finalmente smetterai di amare per sempre mio stanco cuore. È svanita la più tenace delle illusioni, l’amore, che io avevo creduto eterno. È morta. Sento bene, che dentro di me (in noi) è morta non solo la speranza (speme) ma il desiderio stesso delle soavi illusioni che mi furono così care (cari inganni). Riposa per sempre. Hai amato abbastanza. Non c’è cosa al mondo che meriti (non val cosa nessuna) i tuoi sussulti (i moti tuoi), e nulla in terra è degna dei tuoi sospiri. La vita è dolore (Amaro) e noia; e il mondo è fango. Trova finalmente pace. Rinuncia definitivamente a ogni speranza. Al genere umano il fato non ha concesso altro che la morte. Ormai non ti resta che disprezzare te stesso, la natura, il malvagio potere che di nascosto (ascoso) domina l’universo a danno di tutti (a comun danno impera) e la infinita inutilità di ogni cosa.

A se stesso Leopardi – analisi e commento

Metro: endecasillabi e settenari, con rime (sento / spento; dispera / impera; brutto / tutto).

  • Le proposizioni sono brevissime e perentorie e creano continue pause (v. 3 Perì; vv. 6-7 Posa per sempre. Assai palpitasti; vv. 11-12 T’acqueta omai. Dispera l’ultima volta);
  • numerosi i punti che interrompono il verso (vv. 2, 3, 6, 7, 9, 11, 12, 13);
  • frequenti gli enjambements (vv. 6-7; vv. 7-8 ecc;);
  • prevalenza del modo imperativo (v. 6 Posa; v. 11 T’acqueta, Dispera; verso 13 Disprezza);
  • il lessico è spoglio, asciutto e povero di aggettivi.

L’unica figura retorica riconoscibile è la metafora «fango è il mondo».

La poesia “A se stesso” chiude il Ciclo di Aspasia, composto da Il pensiero dominante, Amore e morte, Consalvo e Aspasia.

Con i suoi sedici versi, è uno dei testi più brevi di tutta la raccolta.

In “A se stesso” prevale l’assoluto pessimismo: la realtà ha perso ogni significato, ogni illusione è crollata, la vita umana è misera e infelice. La negazione delle illusioni è quindi categorica; tuttavia, Leopardi con un atteggiamento di lotta titanica, accetta la realtà per quella che è («l’infinita vanità del tutto») senza cercare facili consolazioni.

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