Ade era figlio di Crono e di Rea e fratello di Zeus e di Poseidone.
Ade era un dio ricco e potente e molto temuto, perché era il signore dell’Oltretomba popolato dalle ombre dei morti. Proprio per questo, però, ogni fanciulla o dea inorridiva all’idea di diventare sovrana di un regno in cui il sole non brillava mai e da dove, una volta entrati, non si poteva più uscire.
Un giorno, allora, Ade decise di salire sulla Terra e di non tornare nel proprio regno fino a quando non avesse trovato moglie.
Durante il suo girovagare nel Regno dei Vivi, giunse nella Sicilia orientale. Entrò in un boschetto e sentì delle risate squillanti; scrutò verso il torrente, che scorreva nella valletta sottostante e scorse un gruppo di bellissime fanciulle che giocavano in acqua.
Ade si rese invisibile grazie a un elmo fatato realizzato per lui dai Ciclopi e scese per la ripida china della collinetta.
Ade si fermò a osservare quelle splendide ragazze. Una in modo particolare: aveva grazia e bellezza e pensò che fosse senz’altro la figlia di una dea.
Proprio in quell’istante, le fanciulle cessarono di giocare. Si tuffarono tutte insieme e guizzarono via veloci; poco dopo erano già scomparse. Ade comprese che si trattava di ninfe che vivevano nei fiumi e lungo le coste di quell’angolo della Sicilia. Una di loro però era rimasta: era Persefone, proprio quella che aveva attirato la sua attenzione.
Ade decise di non lasciarsi sfuggire l’occasione che gli si era presentata ed escogitò un piano. Fece spuntare un meraviglioso fiore e rimase in attesa.
Persefone, avvolta nel suo telo di lino bianco, mentre si chinava per allacciarsi i sandali, scorse tra l’erba un fiore che non aveva mai visto. Tese la mano per coglierlo e quando tirò lo stelo sotto di lei si aprì una voragine, che la inghiottì.
Dopo una caduta che sembrava senza fine, Persefone si sentì afferrare da braccia possenti. Aprì gli occhi e vide vicinissimo al suo volto il volto di Ade, dai lineamenti duri, dal pallore della morte, coperto da una folta barba ispida, irsuta e nera come il carbone; neri erano anche i suoi capelli scarmigliati e neri erano anche i suoi occhi incavati e persi nel nulla. La ninfa comprese che non aveva via di scampo.
Intanto Demetra (Cerere presso i Romani), madre di Persefone, dea della terra coltivata, protettrice delle messi e in particolare del grano, tornava alla sua reggia e non trovandovi sua figlia andò a cercarla nel meraviglioso giardino. Non vi trovò nessuno e allora andò a cercarla presso il torrente; osservò le rive, scrutò nei cespugli, si addentrò nel bosco, ma non trovò traccia della figlia.
Demetra girovagò per giorni e giorni; chiese a chiunque incontrasse, ma nessuno parlava per timore di incorrere nelle ire del dio dell’Oltretomba. Alla fine si rivolse a Elio, il Sole, che, vedendo tutto ciò che avviene, le rivelò l’accaduto. Lo sdegno di Demetra fu grande: non volle più salire sull’Olimpo accanto agli altri dèi, non volle più ascoltare le preghiere degli uomini e maledisse la terra rendendola improduttiva e sterile.
Zeus, allora, preoccupato per le sorti del genere umano inviò Ermes, il suo messaggero, da Ade.
In un primo tempo Ade non volle sapere di rimandare Persefone sulla Terra, ma alla fine la volontà di Zeus vinse ogni resistenza: Persefone sarebbe stata per sei mesi nel Regno delle Ombre e per gli altri sei sulla Terra, presso la madre Demetra.
Ogni anno, quando Persefone ritorna sulla Terra, la natura si riveste del suo abito più bello: sbocciano i fiori profumati, rinverdiscono le piante e i campi e un dolce zefiro soffia leggero. È il tripudio della natura, la sua rinascita, la vita che accompagna il rinnovarsi del ciclo delle stagioni.
Anche i Romani onoravano il dio dell’Oltretomba: essi lo chiamavano Plutone e Proserpina (Persefone) era la sua sposa. A lui e a Proserpina dedicarono luoghi di culto a Roma, nel Foro e nel Campo Marzio, dove si recavano a pregare e a fare sacrifici.