L’agricoltura è l’attivita economica consistente nella selezione e coltivazione di vegetali per produrre cibo. Scopriamo insieme quando, dove e perché è nata l’agricoltura e come si è evoluta dalla preistoria ad oggi.
Quando e dove è nata l’agricoltura?
L’agricoltura è nata tra il 10.000 e l’8000 a.C. (età neolitica) in diverse aree del Vicino Oriente antico (corrispondenti agli odierni Iraq, Iran, Palestina, Siria e Turchia). Qui si sono scoperte tracce di raccolti di grano, orzo, lenticchie e piselli e strumenti di lavoro simili a zappe e falcetti.
Intorno al 7500 a.C. l’agricoltura si sviluppò in Cina, con il miglio e il riso. Verso il 6000 a.C. nell’America centrale e andina, con il mais, i fagioli, la patata.
In altre aree, come l’Egitto, l’India e la stessa Europa, l’agricoltura fu portata dall’esterno, perché le specie coltivate (ad esempio grano e orzo) non si trovavano nel delta del Nilo allo stato selvatico.
Perché è nata?
L’agricoltura si affermò perché si rivelò la risposta vincente al problema della sopravvivenza. L’ultima glaciazione, infatti, aveva spinto molti animali verso il nord o condannò all’estinzione altri, importantissimi per l’alimentazione umana.
Storia dell’agricoltura presso i popoli antichi
La Bibbia, le pitture e le sculture egiziane forniscono numerose notizie sulle pratiche agricole degli Ebrei e degli Egiziani e sugli strumenti primitivi da essi impiegati. Per la lavorazione del suolo, all’iniziale bastone da scavo questi popoli sostituirono un rudimentale aratro formato da un robusto ramo a un’estremità del quale se ne inseriva un altro corto e appuntito che scalfiva il terreno. Inoltre rompevano le zolle per preparare il terreno alla semina. La raccolta dei cereali, fatta dapprima per sradicamento, fu poi attuata per mietitura, con l’invenzione della falce. La trebbiatura si eseguiva facendo calpestare al bestiame i fasci di spighe o ricorrendo al bastone o al correggiato. Ma in Egitto e in Palestina si usava pure una rudimentale trebbiatrice costituita da un cassone contenente tre cilindri rotanti provvisti di denti.
Il codice di Hammurabi fornisce preziose notizie sull’agricoltura di 4000 anni fa. Tratta diffusamente delle pratiche agronomiche e delle tecniche colturali. Detta norme relative all’irrigazione, alle coltivazioni arboree, ai rapporti fra proprietari, affittuari e contadini.
In Grecia molti scrittori si occuparono di argomenti agricoli e della coltivazione di varie piante: Esiodo e Teofrasto (gli unici di cui le opere sono giunte a noi) descrivono attrezzi, sistemi di aratura, lavori di preparazione, tecniche di raccolta e di conservazione dei prodotti.
Le attività agricole ebbero grande importanza presso tutti i popoli dell’Italia preromana. i Liguri, i Sabini, i Piceni, gli abitanti della Magna Grecia coltivavano grano, orzo, vite, olivo, cotone e si dedicavano ampiamente all’allevamento del bestiame.
L’agricoltura rivestì un ruolo importante soprattutto fra gli Etruschi. Essi realizzarono notevoli opere di bonifica idraulica alle foci del Po, diffusero nuove colture, inventarono l’aratro a carrello.
Storia dell’agricoltura in epoca romana
Degni eredi della tradizione agricola etrusca furono i Romani, che fecero dell’agricoltura la loro principale attività. Numerosi poeti e scrittori, da Catone a Virgilio e a Plinio, esaltarono la vita dei campi. Fornirono ampie e precise notizie su tutte le pratiche agricole, sugli attrezzi usati, sulle colture attuate.
I Romani attuavano la rotazione delle colture per ottenere una maggiore varietà di prodotti, per migliorarne le qualità e per rinvigorire la fertilità del suolo. Facevano abbondanti concimazioni organiche. Lavoravano accuratamente il terreno impiegando vari tipi di aratro, erpici, rastrelli, zappe e bidenti. Coltivavano i frumenti duri e teneri, l’orzo, il miglio, il lino, la vite, l’olivo, il melo, il pero, l’abicocco e il pesco. Inoltre avevano grande importanza l’allevamento del bestiame e le attività connesse con la trasformazione dei prodotti animali.
Il progresso dell’agricoltura romana raggiunse il culmine sotto gli imperatori Vespasiano e Tito. Si diffuse in tutti i paesi conquistati, ma il formarsi di latifondi e la mancanza di manodopera per il cessare delle grandi imprese di conquista causarono un arrresto nell’evoluzione agricola. La situazione peggiorò ulteriormente dopo la caduta dell’Impero romano quando l’Italia divenne preda di popoli invasori (Goti, Longobardi e Franchi), a causa delle continue guerre, della decimazione delle popolazioni, delle spoliazioni e della nuova parziale distribuzione delle terre fra i conquistatori che praticavano un’agricoltura meno evoluta dei vinti.
Storia dell’agricoltura dopo l’anno Mille
Solo dopo l’Anno Mille l’uomo tornò a dedicarsi con impegno all’agricoltura. I Comuni, le monarchie, i principati indipendenti di nuova formazione diedero impulso al lavoro agricolo. Nell’XI e XII secolo, infatti, comparvero contratti agrari di nuovo tipo, che legavano più direttamente il contadino alla terra e lo stimolavano a migliorarla assicurandogli un compenso proporzionato ai suoi sforzi. Si assistette inoltre alla formazione di associazioni fra i proprietari per l’attuazione dell’irrigazione, per la regolamentazione delle acque e la bonifica, per lo sfruttamento delle terre incolte.
Questo fervore di opere e di iniziative ebbe ulteriore impulso con il progressivo decadere degli antichi privilegi feudali, con lo stabilirsi di nuovi rapporti economici e sociali fra città e campagna. Scomparendo la servitù della gleba e affermandosi il lavoro libero, nacque una nuova classe di piccoli proprietari terrieri.
Tale fenomeno non si manifestò tuttavia con le medesime proporzioni ovunque. In Italia, per esempio, fu imponente nelle regioni settentrionali per l’azione dei Comuni e degli ordini monastici, mentre non si verificò nel Meridione, dove le strutture feudali si mantennero ancora a lungo.
Storia dell’agricoltura in età moderna
Accanto alle colture tradizionali si andavano intanto diffondendo in Italia nuove piante provenienti da paesi lontani e prima sconosciute. La coltura del riso si diffuse nel XIV sec. in Piemonte e in Lombardia. La coltura degli agrumi, iniziata dagli Arabi in Sicilia, si estese al continente nel XV e XVI secolo. Gli Arabi introdussero anche la coltura del cotone e della canna da zucchero. Dall’America giunsero in Italia la patata, il tabacco, il pomodoro. La coltura del mais fu introdotta nel XVI secolo dai Veneziani e si diffuse ben presto in tutta la penisola.
Negli altri paesi dell’Europa occidentale le vicende dell’agricoltura seguirono inizialmente quelle dell’Italia, grazie all’influsso esercitato dai Romani conquistatori. Anche in Francia, dopo il rallentamento del periodo medievale, l’agricoltura ricominciò a svilupparsi nel XVI secolo.
In Belgio e in Olanda ebbero sempre grande diffusione la coltura di piante tessili e industriali, l’allevamento del bestiame e di conseguenza le colture foraggere.
Nella Spagna e nel Portogallo, con la fine della dominazione romana e le invasioni dei Goti e dei Saraceni, l’agricoltura languì. Si riprese con l’avvento dei Mori che importarono nuove colture come il riso, il cotone, gli agrumi, e diedero grande impulso all’irrigazione. Decadde nuovamente con la scoperta dell’America, perché il miraggio delle grandi ricchezze del Nuovo Mondo sottrasse all’agricoltura molta manodopera.
In Germania l’agricoltura rimase in condizioni precarie fino all’inizio del Medioevo. Succesivamente, però, all’allevamento del bestiame e alla coltura del pascolo si aggiunsero, specialmente nelle regioni meridionali, la coltura della vite, del grano, degli alberi da frutto.
In Inghilterra, solo con la conquista normanna all’allevamento del bestiame si aggiunsero attività agricole vere e proprie e si diffusero alcune pratiche agronomiche fondamentali. Dalla metà del XVII secolo le condizioni dell’agricoltura inglese migliorarono ulteriormente grazie all’introduzione dal continente di nuove tecniche di lavorazione e sistemazione del suolo, di concimazione e d’irrigazione.
Storia dell’agricoltura in età contemporanea
L’enorme passo in avanti compiuto nel XIX secolo dalle scienze, i progressi della chimica, della microbiologia, della genetica, della meccanica, hanno trasformato profondamente l’agricoltura tradizionale di tutti i paesi, sconvolgendo i sistemi di coltivazione fino ad allora seguiti.
Oggi è possibile modificare il codice genetico degli organismi vegetali (e animali) ma anche combinare i geni di specie diverse, ottenendo organismi geneticamente modificati (OGM) o transgenici. Pratiche che certamente danno importanti vantaggi in agricoltura e allevamento ma che, al tempo stesso, pongono seri problemi di tutela della biodiversità (la compresenza di diverse specie) e della salute umana.