L’albatro compare nella seconda edizione de I fiori del male di Charles Baudelaire, uscita nel 1861, nella sezione intitolate Spleen e ideale.
L’albatro di Charles Baudelaire nella traduzione di Giovanni Raboni
Spesso, per divertirsi, i marinai
prendono degli albatri, grandi uccelli dei mari,
indolenti compagni di viaggio delle navi
in lieve corsa sugli abissi amari¹.
L’hanno appena posato sulla tolda²
e gà il re dell’azzurro, maldestro e vergognoso,
pietosamente accanto a sé trascina
come fossero remi le grandi ali bianche.
Com’è fiacco e sinistro il viaggiatore alato!
E comico e brutto, lui prima così bello!
Chi gli mette una pipa sotto il becco,
chi imita, zoppicando, lo storpio che volava!
Il Poeta è come lui, principe delle nubi
che sta con l’uragano e ride degli arcieri;
esule in terra fra gli scherni, non lo lasciano
camminare le sue ali di gigante.
¹ abissi amari: profondità d’acqua salata
² tolda: ponte della nave
L’albatro di Charles Baudelaire: spiegazione e commento
Nelle prime tre strofe Charles Baudelaire descrive la figura dell’albatro, grande uccello marino, maestoso in volo, ma goffo sulla terra. Viene deriso dai marinai e molestato con la pipa mentre i suoi movimenti sono mimati in maniera beffarda.
Nella quarta e ultima strofa, Baudelaire istituisce la similitudine tra l’uccello e la figura del poeta. Egli è come l’albatro. L’uccello, catturato e deriso dai marinai, privato del suo volo maestoso, si muove goffo sul ponte della nave. Allo stesso modo Baudelaire, consapevole della perdita dello status sociale del poeta nella società capitalistica e industriale, è un «esule», un estraneo al mondo in cui vive, deriso dalla società che non può comprendere.