All’amica risanata ode scritta da Ugo Foscolo nel 1802, e pubblicata nel 1803, per la contessa Antonietta Fagnani Arese, amata da Foscolo.
All’amica risanata spiegazione
Come Venere si innalza raggiante tra le fuggenti tenebre, così l’amica (Antonietta Farese) si alza, guarita, dal letto e ritorna in lei la bellezza che fa di nuovo trepidare le madri e le amanti sospettose.
Le Ore (figlie di Zeus e di Temi), che durante la malattia le apprestavano la medicina, adesso le porgono i vestiti greci, i monili, gli stivaletti che accrescono la sua bellezza, e di conseguenza, quando essa appare nei ritrovi notturni, i giovani la contemplano estasiati, come fosse una dea: sia che canti accompagnandosi con l’arpa, sia che danzi mentre adagio si sciolgono le trecce profumate e adorne di fiori.
Le Grazie neghino ogni loro favore a chi dice che anche la bellezza morrà; la bellezza invece vive in eterno se è cantata da un poeta. Egli trasforma in dee donne mortali come la cacciatrice Diana, l’amazzone Bellona e la regina di Cipro Venere.
Anche l’amica del poeta non morrà, perché egli la sottrarrà alla morte col suo canto e la farà vivere eternamente giovane e bella.
All’amica risanata analisi
L’ode è composta di 16 sestine formate da 5 settenari e un endecasillabo. È di fatto divisibile in due sezioni: la prima (vv. 1-48) contiene la celebrazione della bellezza riacquistata; la seconda (vv. 49-96) presenta il tema della poesia dispensatrice di immortalità.
In quest’ode sono affermati alcuni grandi temi del pensiero di Foscolo: la bellezza conforto dei mali; la bellezza che vince la morte; il tema della poesia come eternatrice di ciò che altrimenti sarebbe destinato a perire.
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