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Amartya Sen: libertà e sviluppo

Amartya Sen (1933) economista e filosofo indiano, premio Nobel per l’Economia nel 1998.

Amartya Sen articola il suo pensiero a partire dalla necessità di garantire una giustizia globale, che tuteli i diritti indipendentemente dai confini o dalle appartenenze nazionali: bisogna, perciò, giungere alla definizione di un diritto costituzionale mondiale e di istituzioni che tutelino questi diritti, racchiusi in una carta dei diritti che riguardi tutti i cittadini del mondo.

Amartya Sen è persuaso, infatti, dell’impossibilità di inglobare la popolazione mondiale in civiltà, in quanto l’identità di ciascuno è formata da affiliazioni molteplici: la stessa persona può essere di origini maltesi, ascendenza indiana, cittadinaza francese ecc. Parlare di civiltà è frutto di una visione limitata, che mira a inquadrare le varie nazionalità nelle categorie occidentali e che cercando di imporre un’identità unica, conflittuale e predefinita rischia di giustificare la brutalità e la violenza conducendo ad uno scontro tra civiltà, che Amartya Sen ritiene evitabile se si garantiscono a tutti uguali diritti.

Ma come sono da intendersi tali diritti?

Nel momento in cui solo il 20% della popolazione mondiale ha accesso alle risorse del paese, bisogna in primis garantire la possibilità di accesso alle risorse che mettono gli individui in condizioni di esercitare la libera scelta. Per risorse si intenda tutto ciò che consenta lo sviluppo della vita: disponibilità di acqua, sanità, istruzione, lavoro, libertà di parola, diritti politici.

È, questa, l’etica delle capacità: sviluppo significa promuovere l’insieme delle capacità umane che consentono di esercitare effettivamente la libertà.

L’obiettivo dello sviluppo permette di superare la contrapposizione tra libertà negative e libertà positive, perché ognuna è necessaria e complementare: ad esempio, la mancanza di una libertà positiva di accesso all’istruzione intacca la libertà negativa, in quanto conduce l’uomo ad una condizione di asservimento.

Sen critica, così, tanto il comunismo quanto il liberismo: il primo finisce con il sacrificare la libertà individuale, il secondo, intendendo la libertà come la libertà di impresa che prevale sul resto, intende la libertà positiva un freno. La vera libertà, argomenta Sen, è la libertà dal bisogno.

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