L’Antigone di Sofocle del V secolo a.C. ha per protagonista Antigone, figlia del rapporto incestuoso tra Edipo, re di Tebe, e sua madre Giocasta. Nonostante il divieto di Creonte, tiranno di Tebe, dà sepoltura al fratello Polinice. Condannata per questo ad essere rinchiusa viva in una caverna, si uccide.
L’Antigone di Sofocle con l’Edipo re e l’Edipo a Colono fa parte del Ciclo tebano.
Antigone di Sofocle – la trama
All’indomani della reciproca morte di Eteocle e Polinice il nuovo re di Tebe, Creonte, zio dei defunti, ha decretato che Eteocle, difensore della città, sia onorato della sepoltura; invece il corpo di Polinice, che combatteva contro la sua città di origine e perciò considerato un traditore, sia abbandonato agli animali da preda.
Antigone, loro sorella, trasgredisce l’ordine del re, pur sapendo che ciò potrebbe comportarle la morte, e onora della sepoltura il fratello Polinice, nonostante i consigli di sua sorella Ismene, timorosa di disobbedire alle leggi.
Creonte ordina che il corpo di Polinice sia dissepolto e si cerchi il responsabile. Scoperta mentre si accinge, per la seconda volta, a coprire di terra il cadavere, Antigone, viene trascinata davanti al re.
Arrestata, non mostra pentimento del proprio gesto, anzi si oppone fieramente a Creonte e al suo empio bando: riafferma la giustezza della sua azione, che affonda le radici nelle leggi divine, più forti di quelle umane.
Antigone viene condannata a morte. Inutilmente Emone, figlio di Creonte e promesso sposo della fanciulla, tenta di far recedere il padre da quanto stabilito nel suo editto. Altrettanto vano risulta un analogo intervento dell’indovino Tiresia. Infine, il coro riesce a far breccia nell’animo del re, ma troppo tardi: la giovane si è impiccata.
Emone, folle di rabbia, tenta il parricidio, ma poi si suicida sul cadavere della promessa sposa. Euridice, consorte del re, prostrata dal dolore per la morte del figlio Emone, si uccide anch’essa. Creonte piange disperato la propria rovina.
Analisi dell’Antigone di Sofocle
L’Antigone di Sofocle pone in primo piano il contrasto tra Antigone e Creonte, tra legge naturale e legge umana, tra re e suddito, fra potere politico e cittadino, tra famiglia e Stato come rivela Hegel.
Le usanze tradizionali permettevano la sepoltura anche dei traditori, purché avvenisse fuori dalla città. Creonte si era, perciò, spinto oltre il limite della pena prescritta; tuttavia era nel potere del re emanare editti che implicassero l’obbligo di obbedienza da parte di tutti.
L’atto di Creonte è un atto di tracotanza nei confronti degli dèi, rappresentati dall’indovino Tiresia, loro interprete, insultato dal sovrano come prezzolato e bugiardo. E una società fondata sul diritto, qual era il pubblico dell’Antigone, non poteva non giudicare l’atto di Creonte come una barbarie.
Il comportamento di Antigone, che decide di violare le leggi umane in nome delle leggi del sangue, più antiche e sacre di quelle scritte, mette in discussione l’autorità di Creonte.
Antigone è un personaggio dalla grande forza d’animo, che deriva dalla sua stessa esperienza di vita: la giovane appare, nell’antefatto del dramma, l’unico personaggio con il coraggio e la forza di accompagnarsi, fra umiliazioni e patimenti di ogni tipo, all’individuo più turpemente peccaminoso che avesse mai visto la luce del sole, eppure a lei padre e fratello, Edipo.
Antigone ha visto morire i suoi fratelli, sua unica speranza. Per questi motivi non riesce a condividire i timori della sorella Ismene, né ad accettare le regole di un mondo fatto dagli uomini, l’Antigone «nata per condividere non l’odio, ma l’amore», l’Antigone che ritiene la morte solo un guadagno.
Creonte necessita di punire la nipote Antigone, non può accettare la ribellione da parte dei suoi stessi familiari, perché ne va della sua credibilità di re e della sua inflessibilità in fatto di giustizia. Quella di Creonte è la ragion di stato dei sofisti, mirante esclusivamente all’utile – che Protagora individua come criterio di scelta. Una politica, quella di Creonte nell’Antigone, che Sofocle condanna e dà come perdente: sarà, infatti, Creonte lo sconfitto.
Così, in ultima analisi, se si può affermare che Antigone sia un personaggio che rivela un certo sperimentalismo, Creonte, il cui nome in greco significa potente, signore, rimane simbolo di arroganza e strapotere.