Arcipelago Gulag è il capolavoro di Aleksandr Solzenicyn. È un saggio di inchiesta narrativa, composto da sette parti divise in genere in tre volumi, scritto tra il 1958 e il 1968. L’opera rese pubblica la tragedia dei Gulag, i campi di lavoro forzato in Russia, durante il periodo della dittatura comunista di Stalin. Ancora oggi costituisce una delle testimonianze più raccapriccianti dell’orrore del regime sovietico.
Per un approfondimento leggi Gulag russi: campi di lavoro forzato in Russia.
Negli anni passati nel Gulag, non potendo scrivere, Aleksandr Solzenicyn compose centinaia di versi imparandoli a memoria e recitandoli con l’aiuto di un rosario fatto da alcuni prigionieri lituani con cento piccoli grani di pane ammollato e strizzato, o che scriveva fitti su minuscoli pezzi di carta.
Pubblicato in Occidente nel 1973, circolò clandestinamente nell’URSS fino al 1989, quando fece la sua apparizione sulla rivista letteraria Novyj Mir, in forma ridotta. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica (1991), l’opera fu pubblicata liberamente e integralmente.
Cosa racconta l’opera Arcipelago Gulag?
Oltre alla propria esperienza personale, Solzenicyn ha raccolto in circa 2800 pagine, fittissime di date, riferimenti storici, personaggi, episodi, le testimonianze di altri 227 ex prigionieri. Il saggio di inchiesta narrativa descrive nei dettagli la vita nei campi di lavoro, gli interrogatori, il trasporto dei prigionieri, le coltivazioni nei campi, le rivolte dei prigionieri, e la pratica dell’esilio interno.
Chi è Aleksandr Solzenicyn?
Aleksandr Solzenicyn è uno scrittore russo e dissidente (1918-2008). Nonostante le difficoltà economiche della famiglia, nel 1941 consegue la laurea in matematica e fisica. In quello stesso anno si arruola come volontario nell’Armata Rossa e combatte sul fronte occidentale (Seconda guerra mondiale). Nel 1943 viene decorato al valor militare.
Nel febbraio 1945, a causa dell’intercettazione di una sua lettera inviata a un amico in cui esprime un giudizio negativo sull’operato di Stalin, viene arrrestato. Trasferito nella prigione moscovita della Lubjanka, viene condannato a 8 anni di campo di concentramento e a 3 anni di confino.
Nel 1953, nel domicilio coatto di Kok-Terek, nel Kazakistan, gli viene concesso di insegnare e comincia sistematicamente a scrivere. Nel 1970 vince il premio Nobel per la Letteratura, ma non può recarsi a Stoccolma per riceverlo di persona. Nel 1974 viene espulso dall’URSS. Dopo aver risieduto brevemente in Svizzera, si trasferisce negli Stati Uniti dove rimane fino al 1994, anno del suo ritorno in patria. Trascorre gli anni successivi viaggiando per il suo paese, scrivendo e tenendo conferenze. Muore nel 2008, a 89 anni.