L’arte egizia era strettamente connessa al culto dei morti. Architettura, scultura e pittura erano volte a onorare gli dèi e il faraone, considerato anch’egli un vero e proprio dio.
Architettura egizia
Le màstabe
I più antichi esempi di architettura egizia sono le màstabe, le antiche tombe edificate dal Periodo Protodinastico all’Antico Regno (3000-2150 a.C.).
Costruite inizialmente in mattoni crudi e poi in pietra, avevano la forma di un tronco di piramide a pianta rettangolare.
Destinate ai nobili, ai dignitari e ai sacerdoti avevano interni decorati con bassorilievi o pitture vivaci.
Dalle màstabe alle piramidi
Dalla sovrapposizione di più màstabe sembra siano nate le prime piramidi a gradoni. La più famosa è quella del faraone Zoser.
Alla piramide a gradoni si sostituì poi la piramide a facce liscie: i gradoni scomparvero e lastroni squadrati di pietra calcarea rivestirono la superficie. La più grandiosa è la piramide di Cheope a Giza, presso Il Cairo. Accanto a questa le piramidi dei suoi successori Chefren e Micerino.
Dalle piramidi alle tombe ipogee
A partire dal Nuovo Regno, le tombe ipogee, ovvero tombe scavate sui fianche delle montagne, sostituirono la piramide.
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Il tempio nell’antico Egitto
A partire dal III millennio a.C., gli Egizi edificarono templi dalle forme grandiose. I templi rappresentano l’abitazione terrena della divinità.
Si compone di numerosi ambienti, organizzati lungo un asse rettilineo, che corrisponde al percorso delle processioni, dal portale d’accesso fino al santuario vero e proprio.
Alcuni elementi sono ricorrenti nell’architettura dei templi:
- gli obelischi, che inquadrano l’ingresso;
- il pilone, grande ingresso monumentale;
- il cortile, quasi sempre colonnato;
- la sala ipostila, che presenta numerose colonne al suo interno;
- il santuario, accessibile ai soli sacerdoti.
La scultura egizia
In Egitto la scultura ebbe ampio sviluppo anche per l’abbondanza del materiale offerto dal territorio: calcare, arenaria, granito, basalto, alabastro.
Quasi tutti gli esemplari giunti a noi provengono dalle camere funerarie o dalle sale dei templi e hanno dunque carattere celebrativo.
Le figure erano rappresentate in genere con un atteggiamento composto e solenne. Nel viso l’artista non faceva mai trasparire i sentimenti: impassibile e distaccato, esprimeva la sicurezza fondata sulla potenza e la superiorità.
Ciò è ben visibile nella statua del faraone Thutmosi III:
La pittura egizia
Tutta la produzione pittorica dell’arte egizia si trova sulle pareti dei templi e delle tombe. Essa doveva confortare i defunti con scene che ricordavano momenti della vita terrena, quali feste e cerimonie, battute di caccia o di pesca, lavoro nei campi. Gli dei, invece, apparivano nelle raffigurazioni per proteggere i morti e accompagnarli nel mondo ultraterreno.
- Le figure sono bidimensionali e stilizzate;
- le immagini hanno colori piatti e senza sfumature, definite da una nitida linea di contorno;
- le proporzioni tra le figure non sono reali: la supremazia del faraone, ad esempio, è resa visibile dalle sue maggiori dimensioni, oltre che dall’attribuzione dei simboli regali;
- il viso è di profilo, gli occhi sono frontali, il torace è inquadrato di fronte; i fianchi, le gambe e i piedi sono disegnati di profilo, ma mai sovrapposti.
Il canone dell’arte egizia
Sia per le opere di pittura sia per quelle di scultura, gli Egizi seguivano un modello fisso, il canone. Questo stabiliva precise regole di proporzione tra le parti del corpo: l’artista non doveva fare altro che seguirle, disegnando la figura su una griglia quadrettata per poi riportarla sulla parete.
L’unità di misura è la mano chiusa, oppure la lunghezza del braccio dal gomito al pollice (cubito). Il corpo umano misurava 18 pugni, o quattro cubiti. In totale, due quadrati sono occupati dalla testa; dieci dal corpo fino alle ginocchia; e da queste fino alla pianta dei piedi. Le spalle di un uomo corrispondono a sei quadrati, quelle di una donna a cinque.
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