Ave Caesar morituri te salutant: «Salve Cesare ti salutano coloro che stanno per morire» è il saluto rituale dei gladiatori all’imperatore prima di avviarsi al combattimento, cioè alla morte.
Dopo il saluto rituale, seguiva il controllo delle armi dei gruppi destinati a combattersi. Poi il suono delle trombe segnava l’inizio dei combattimenti. Spettava al popolo decidere se al vinto dovesse farsi salva la vita, oppure se egli dovesse ricevere il colpo mortale.
Il combattimento fra i gladiatori si concludeva molto spesso con l’uccisione del perdente. Si trattava infatti di “duelli all’ultimo sangue” e solo l’intervento dell’imperatore poteva salvare lo sconfitto dalla morte.
In realtà, questa notissima espressione latina, conosciuta in tutto il mondo, probabilmente non è stata pronunciata da nessun gladiatore.
L’equivoco è nato da un racconto dello storico romano Svetonio in Vite dei Cesari (De Vita Caesarum), in cui si riportano queste parole pronunciate nel 52 d.C. da alcuni condannati a morte all’imperatore Claudio, forse per ingraziarselo e ottenerne la clemenza; tra l’altro, la frase esatta riportata da Svetonio è Ave imperator morituri te salutant.
Questa seconda versione della frase venne pronunciata da dei condannati a morte (e non da gladiatori) in occasione di una naumachia (combattimento navale) indetta dall’imperatore Claudio nel 52 d.C. per celebrare un’opera idrica e la bonifica dei terreni agricoli intorno al lago del Fucino (che oggi non esiste più, essendo stato prosciugato nel XIX secolo).
Il combattimento navale fu talmente aspro e realistico che le acque del Fucino si riempirono di cadaveri e si colorarono di rosso. Pare che la cosa colpì vivamente l’imperatore Claudio, che decise di condonare la pena capitale a tutti i sopravvissuti. Da qui si è creduto che probabilmente ogni combattimento fosse preceduto da questa frase.
Oggi la frase è usata in tono scherzoso e sdramatizzante prima di iniziare un’attività o affrontare un rischio dall’esito incerto.