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Azzeccagarbugli descrizione – I Promessi Sposi

Azzeccagarbugli è un personaggio secondario del romanzo storico I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Di mestiere fa l’avvocato al servizio dei potenti e vive a Lecco. Rifiuta di aiutare Renzo contro la prepotenza di don Rodrigo. Azzeccagarbugli è infatti sempre d’accordo con chi comanda, con chi è potente, per questo non difende né i poveri, né la giustizia stessa.

Azzeccagarbugli viene introdotto nel terzo capitolo dei I Promessi Sposi, quando Agnese (la madre di Lucia) consiglia Renzo di recarsi da lui per chiedere un parere legale circa il sopruso subito da don Rodrigo, che ha minacciato don Abbondio perché non celebrasse il matrimonio.

Agnese spiega a Renzo che quello di Azzecca-garbugli è un soprannome che allude alla presunta capacità di sbrogliare le questioni giudiziarie, mentre il vero nome dell’avvocato non viene mai fatto. Viene infatti evocato da Renzo nel quinto capitolo come il “signor dottor delle cause perse” e ricompare piuttosto alticcio nello stesso capitolo alla tavola di don Rodrigo, nel cui palazzotto Fra Cristoforo si reca nell’inutile tentativo di dissuadere il signorotto dal suo intento di separare Renzo e Lucia.

Azzeccagarbugli descrizione fisica e caratteriale

Azzeccagarbugli è descritto come un uomo alto, magro, con la testa pelata, che ama la buona tavola e ha una grande propensione per il bere, come dimostra il suo naso rosso. Ha una voglia di lampone sulla guancia.

Il dottor Azzeccagarbugli è un uomo servile, corrotto e ipocrita; è al servizio dei potenti e dei violenti, come don Rodrigo e i suoi bravi. È infatti assai bravo a distorcere le gride (così si chiamavano le leggi in quel tempo). Le “gride” erano tante e tutte comminavano pene severissime, per qualsiasi infrazione. Ma esse valevano soltanto per i poveri diavoli senza protettori, come Renzo. I signorotti e gli uomini al loro servizio potevano invece farsi beffe delle leggi, perché con il terrore o la corruzione e con l’aiuto di avvocati senza scrupoli al loro servizio riuscivano a eluderle e a farla franca.

La descrizione del suo abbigliamento e del suo studio danno poi idea di chi sia.

La sua veste trasandata mostra infatti la modestia delle sue entrate, mentre il suo studio disordinato ben si adatta al suo decadimento fisico e morale. Questo è uno stanzone, su tre pareti del quale sono appesi i ritratti dei dodici Cesari, rappresentanti del potere assoluto, considerato sacro e inviolabile nel Seicento; sulla quarta parete è appoggiato un grande scaffale di libri vecchi e polverosi; nel mezzo c’è una tavola gremita di carte alla rinfusa, con tre o quattro seggiole all’intorno, e da una parte un seggiolone a braccioli piuttosto malandato.

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