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Baccanali nella Roma Repubblicana

I Baccanali erano le feste in onore di Bacco, il greco Dioniso, figlio di Zeus e di Semele, dio del vino e dell’uva.

Quando si festeggiavano i Baccanali?

Importato dalla Grecia, il Baccanale, cioè la festa in onore di Bacco, festeggiato il 15 e il 16 marzo di ogni anno, si diffuse rapidamente nella Roma repubblicana.

Perché il Senato vietò i Baccanali?

Ben presto le autorità considerarono il Baccanale, cioè la festa in onore di Bacco, una grave minaccia per la sicurezza dello Stato, perché i seguaci tenevano comportamenti violenti e osceni, durante i riti bacchici.

Cosa si faceva nei Baccanali?

Le cerimonie in onore di Bacco infatti si svolgevano di notte e prevedevano danze e riti orgiastici, così definiti per il loro carattere licenzioso e impetuoso dovuto all’ebbrezza provocata dal vino.

La repressione dei riti bacchici

Per questo i conservatori romani, legati alla severa morale del mos maiorum, li disprezzavano e li contrastavano, ritenendoli soprattutto pericolosi per l’ordine pubblico.

Della repressione dei Baccanali ce ne riferisce, con ampiezza di particolari, lo storico Tito Livio (capitoli 8-28 del XXXIX Libro delle Storie).

Il senato tentò inizialmente di “romanizzare” le cerimonie vietandone gli aspetti orgiastici, ma senza successo.

Allora, il 7 ottobre del 186 a.C., il senato emanò un decreto: il senatus consultum de Bacchanalibus. Una copia, incisa su ordine del pretore in carica su una tavola di bronzo, fu ritrovata nel 1640 a Tiriolo, in provincia di Catanzaro e ora conservata nel Museo di Vienna.

Il decreto deliberava la soppressione delle celebrazioni inerenti al culto dei Baccanali. Se ne prevedeva la celebrazione solo in qualche caso speciale, previa autorizzazione del senato; non potevano parteciparvi più di cinque persone per volta: due uomini e tre donne.

Si istituì un tribunale speciale che condannò oltre settemila persone al carcere o a morte, con l’accusa di tenere comportamenti immorali e di complottare contro lo Stato. Per la severità con cui si provvide i Baccanali non riapparvero mai più in Roma.

Questo drastico intervento, in realtà, va letto come un episodio della lunga lotta in corso a Roma tra il partito degli Scipioni, aperto all’influsso culturale greco, e il partito dei conservatori, capeggiato da Catone il Censore, ostile alle influenze ellenizzanti.

Anche se non c’era un diretto rapporto tra il circolo degli Scipioni e i riti del culto dei Baccanali, questi furono strumentalizzati politicamente per mostrare all’opinione pubblica che l’integrità del mos maiorum rischiava di essere scardinata da un culto greco immorale e pericoloso per il bene pubblico; questo imponeva dunque un atteggiamento di “tolleranza zero” nei confronti del mondo ellenico e dei suoi fautori.

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