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Biennio Rosso in Italia 1919-1920

Biennio Rosso è l’espressione utilizzata per indicare un periodo di violente e prolungate proteste che caratterizzarono l’Italia negli anni 1919 e 1920, che vide contadini e operai in lotta contro ricchi proprietari terrieri e industriali.

Perché viene chiamato biennio rosso?

Gli anni 1919-1920 vengono chiamati «biennio rosso» perché il rosso è il colore del socialismo e in quegli anni la rivoluzione socialista sembrava essere all’ordine del giorno.

Che cosa è successo durante il biennio rosso in Italia?

I contadini chiedevano la distribuzione dei latifondi; tra questi vi erano anche i reduci della guerra cui la terra era stata promessa dai comandi militari in caso di vittoria. Una volta terminato il conflitto, però, la tanto attesa distribuzione non era avvenuta. Perciò i contadini senza terra avevano proceduto un po’ in tutta Italia a occupazioni, spesso violente, dei latifondi.

Gli operai chiedevano l’aumento del salario, una riduzione dell’orario di lavoro e un miglioramento delle proprie condizioni. A tal fine organizzarono numerosi scioperi. A guidare questi scioperi era il Partito socialista, al cui interno stava crescendo una componente estremista che guardava con ammirazione agli avvenimenti di Russia e sognava di poter portare la rivoluzione anche in Italia.

La situazione precipitò nel 1920 quando gli industriali rifiutarono di concedere gli aumenti salariali. I sindacati a quel punto dichiararono lo sciopero bianco: in pratica i lavoratori entravano in fabbrica e non lavoravano. Gli industriali allora attuarono la serrata, cioè la chiusura delle fabbriche. Gli operai occuparono con le armi gli stabilimenti e assunsero la gestione, riprendendo la produzione. Gli industriali chiesero al governo d’intervenire con la forza e di ristabilire la legge.

Giolitti capo del governo durante il biennio rosso

Giolitti, a capo del governo, temeva però che l’uso della forza anziché riportare l’ordine e la pace sociale, avrebbe esasperato gli animi, aprendo le porte a un’insurrezione rivoluzionaria; pensava che lo Stato non dovesse schierarsi né con gli industriali né con i lavoratori, ma doveva limitarsi a favorire il dialogo tra le parti sociali. E così, dopo settimane di lotta dura e faticosa, gli operai ottennero gli aumenti salariali e misero fine alle occupazioni.

In quegli stessi mesi i contadini avevano occupato le terre. Sembrava che l’Italia fosse sull’orlo di una rivoluzione comunista.

Il ruolo svolto da Benito Mussolini durante il biennio rosso

Molti proprietari terrieri e industriali, spaventati e convinti che lo Stato non volesse o non sapesse difenderli, cominciarono ad appoggiare e a finanziare Benito Mussolini. Questi, dopo un passato da socialista, aveva cambiato ideologia, avvicinandosi sempre più a posizioni estremiste e di destra.

Nel 1919 Mussolini aveva fondato a Milano il movimento dei Fasci di combattimento, un’associazione che si caratterizzava per una decisa avversione verso il socialismo e che raccoglieva il consenso dei proprietari terrieri e dell’alta borghesia, ma anche quello degli esponenti della piccola e media borghesia preoccupati dagli scioperi e dalla prospettiva della rivoluzione socialista, nella quale temevano di perdere quel po’ di benessere conquistato.

Mussolini prometteva ordine e si proponeva come la forza che avrebbe fatto cessare gli scioperi e le proteste, operando non per affermare gli interessi di una parte sull’altra, ma per il bene della patria.

Le agitazioni sociali del 1920 offrirono al fascismo l’occasione per crescere. Mussolini infatti riteneva che le iniziative sindacali andassero contrastate con la forza; per fare questo, organizzò le squadre fasciste d’azione che reprimevano violentemente le proteste. La polizia spesso non interveniva, anzi in qualche caso era complice. La violenza delle «squadracce» veniva giustificata come difesa dal pericolo rivoluzionario.

I ricchi industriali e i proprietari agrari intendevano usare le squadre fasciste come braccio armato, ma i fascisti non si fecero usare. Anzi, il fascismo divenne presto un soggetto politico autonomo, aggressivo e determinato. Nel novembre 1921 Mussolini trasformò il movimento dei Fasci in un partito: il Partito nazionale fascista (PNF), un partito solido e strutturato.

 

 

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