Home » Riassunti » Letteratura » Divina Commedia » Cacciaguida e Dante riassunto

Cacciaguida e Dante riassunto

Cacciaguida è il trisavolo di Dante Alighieri, cioè il padre del nonno di Dante. Nacque a Firenze intorno al 1091 e morì nel 1148 durante la seconda crociata (1147-1149). L’imperatore Corrado III di Svevia lo investì del titolo di cavaliere per aver partecipato alla seconda crociata.

La moglie di Cacciaguida si chiamava Aldighiera, originaria della Pianura Padana. La coppia ebbe due figli, da uno dei quali, Alighiero I, nacque Bellincione, nonno di Dante; da Bellincione nacque poi Alighiero II, padre di Dante. Alighiero I, dunque, con il suo nome diede origine al cognome di Dante.

Cacciaguida nel Paradiso in quale Cielo si trova?

Dante lo colloca nel V Cielo del Paradiso, il cielo di Marte, che ospita le anime dei combattenti per la fede. Dante è in compagnia di Cacciaguida in ben quattro canti, dal XV al XVIII (dal canto 15 al canto 18). Di certo, omaggiando il trisavolo, Dante da un lato celebra anche la propria casata e la nobilita, dall’altro esalta chi non ha esitato a combattere in nome della verità.

Cacciaguida e Dante nel Paradiso

Canto XV Paradiso

Il canto 15 del Paradiso è il primo dei canti in cui Cacciaguida si rivolge a Dante. Egli afferma che suo figlio Alighiero I (bisnonno di Dante) si trova da più di cent’anni nella I cornice del Purgatorio e per abbreviarne le pene il poeta dovrà pregare.

Cacciaguida ricorda poi la Firenze in cui nacque, tutta racchiusa entro la prima cerchia delle mura; la città dei suoi tempi era tanto pacifica, sobria e virtuosa quanto quella dei tempi di Dante è divisa, corrotta e dissoluta. Il trisavolo ricorda usi, costumi e personaggi del passato, contrapponendoli severamente al presente; quindi rievoca la propia nascita, il proprio battesimo, alcuni membri della famiglia. Ricorda di aver seguito l’imperatore Corrado III di Svevia, che lo nominò cavaliere nella seconda crociata, durante la quale fu ucciso dagli infedeli, guadagnandosi con il martirio la pace del Paradiso.

Canto XVI

Nel canto 16 del Paradiso Dante continua il colloquio con Cacciaguida, che racconta di essere nato a Firenze nel quartiere di Porta San Pietro. Gli abitanti erano di origine cittadina e i nuovi arrivati dalle campagne non avevano ancora portato i loro costumi malvagi e corrotti.

Cacciaguida ricorda infine come nacque a Firenze il contrasto tra Guelfi e Ghibellini: Buondelmonte Buondelmonti esponente di una famiglia da poco giunta a Firenze era fidanzato con una donna della famiglia degli Amidei, per sanare una zuffa di pochi mesi prima. Quando Buondelmonte ruppe il fidanzamento perché nel frattempo si era innamorato di una donna di casa Donati, il mancato matrimonio fu visto come una terribile offesa per gli Amidei, i quali giurarono di vendicarsi.

Gli Amidei decisero di vendicare l’offesa con l’omicidio di Buondelmonte. Così Buondelmonte venne assassinato la mattina di Pasqua del 1215, mentre si recava alle nuove nozze. Quest’episodio di sangue è la prima scintilla che portò la città a spaccarsi nelle fazioni di Guelfi e Ghibellini.

La profezia dell’esilio – canto XVII Paradiso

Nel canto 17 Dante chiede a Cacciaguida di illuminarlo sulle profezie relative al suo esilio. Cacciaguida predice a Dante il suo esilio da Firenze per le trame dei Guelfi neri e di papa Bonifacio VIII. Cacciaguida rivela anche che Dante riceverà rifugio e protezione nel suo peregrinare a Verona, alla corte di Cangrande della Scala.

Dante rivela allo spirito i suoi dubbi circa l’accoglienza che potrà avere il suo poema, ma il suo trisavolo lo rassicura e lo esorta a superare i suoi timori; lo invita a raccontare quanto ha visto e sperimentato nel suo viaggio ultraterreno.

Canto XVIII Paradiso

Cacciaguida lascia Dante nel canto 18 del Paradiso, dopo avergli indicato alcuni spiriti combattenti per la fede: Giosuè, Giuda Maccabeo, Carlo Magno, il paladino Orlando, Guglielmo d’Orange, Rinoardo, Goffredo di Buglione, Roberto il Guiscardo.

Perché Dante ha scelto proprio Cacciaguida per farsi predire il proprio destino?

Per prima cosa, il personaggio doveva essere un rappresentante di quella Firenze incorrotta e ideale di cui il poeta aveva sentito narrare da fanciullo, vera antitesi della città corrotta del suo tempo. Inoltre, l’avo appartiene a quella nobiltà che non si è ancora contaminata con i mercanti esclusivamente intenti al guadagno, è rispettoso quindi delle virtù cavalleresche. Infine, è un combattente per la Croce sotto le insegne dell’Aquila imperiale, incarna dunque l’ideale di uomo nella visione medievale e cristiana della realtà.

Ti potrebbe interessare:

Dante Alighieri vita e opere riassunto.

Ultimi articoli

Giochi

Sullo stesso tema