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Canto 14 Purgatorio riassunto e spiegazione

Il canto 14 del Purgatorio di Dante Alighieri si svolge sulla seconda cornice, dove espiano le anime degli invidiosi; è il secondo canto dedicato all’invidia (vedi Purgatorio canto 13).

L’intero canto è occupato dal tema politico, affidato alla voce di Guido del Duca, nobile romagnolo, che condanna la degenerazione dei popoli di Valdarno e critica il declino morale e il tramonto delle virtù cavalleresche della Romagna.

Che cosa accade nel Canto 14 Purgatorio?

Incontro con Guido del Duca e Rinieri da Càlboli vv. 1-66

Mentre Dante e Virgilio proseguono il loro cammino nella seconda cornice, due anime si interrogano sull’identità di Dante e sull’eccezionalità della sua presenza in Purgatorio, dal momento che è ancora vivo (lo hanno capito ascoltando il dialogo di Dante con Sapia nel canto precedente).

Una di esse (Guido del Duca) si rivolge direttamente al poeta chiedendogli chi sia. Dante tace per umiltà il proprio nome (non ritiene di essere così famoso, un gesto che ad alcuni è sembrato un atto di umiltà che segue la confessione di superbia del canto precedente) e si limita a dire di essere nato nella valle del fiume che attraversa la Toscana.

L’altra anima (Rinieri da Calboli) domanda a Guido perché il pellegrino non abbia voluto pronunciare il nome dell’Arno, come fosse qualcosa di vergognoso. Guido del Duca spiega al compagno che tale nome deve essere dimenticato perché i suoi abitanti hanno abbandonato ogni virtù, al punto da essere diventati come bestie feroci e sanguinarie. Gli abitanti del Casentino sono detti «brutti porci», in quanto sudici; gli aretini sono chiamati «botoli», perché bravi a parlare ma non altrettanto ad agire; i fiorentini sono lupi, per la loro cupidigia ed avarizia; i pisani sono volpi, perché astuti e imbroglioni. Poi Guido predice a Rinieri che suo nipote (Fulcieri da Calboli), nominato podestà di Firenze nel 1302, farà strage tra i Guelfi Bianchi, perseguitandoli e uccidendoli, dietro compenso da parte dei Guelfi Neri.

Decadenza morale della Romagna vv. 67-126

Impressionato dall’aspetto e dalle parole delle due anime, Dante le prega di rivelarsi. Guido si presenta e confessa il proprio peccato di invidia; rivela quindi anche il nome dell’altro spirito, il romagnolo Rinieri da Calboli, della cui virtù non è rimasta traccia nei suoi discendenti; ma ormai tutta la Romagna, un tempo gloriosa, è spogliata di ogni valore. Guido ha una tale nostalgia per quel mondo cortese e prova un tale dolore per la sua scomparsa, che è costretto a interrompere il discorso fra le lacrime.

Esempi di invidia punita vv. 127-151

Dante e Virgilio si allontano dalle anime di Guido e di Rinieri. Più avanti sulla stessa cornice odono voci tonanti. Dapprima Caino, figlio di Adamo ed Eva, che grida “Mi ucciderà chiunque mi troverà”: sono le parole pronuciate dopo aver ucciso per invidia il fratello Abele. La seconda prorompe: “Io sono Aglauro, convertita in pietra”: si tratta di Aglauro, figlia del re di Atene, che ostile all’amore tra Mercurio e sua sorella Erse, fu tramutata dal dio in statua.

Dante, spaventato, si stringe a Virgilio: il maestro gli spiega che quelle voci gridano esempi di invidia punita, per allontanare dal peccato gli uomini; questi, invece, si lasciano tentare dai beni mondani, cadendo così nelle tentazioni del demonio e ignorando la bellezza del cielo, che pure Dio dispiega ai loro occhi.

 

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