Il canto 17 dell’Inferno di Dante si svolge nel terzo girone del settimo cerchio. Qui sono puniti gli usurai.
Chi sono gli usurai nell’Inferno di Dante?
Gli usurai sono coloro che prestano denaro a interesse, azione considerata peccato contro l’arte, cioè contro il lavoro umano.
Qual è la loro pena?
Nel canto 17 Inferno gli usurai stanno seduti lungo i bordi del girone e fissano la borsa che pende al loro collo con lo stemma della famiglia di appartenenza. Il contrappasso consiste nel restare seduti nella loro posizione consueta, con lo sguardo inutilmente ed eternamente fermo sulla borsa, oggetto della loro professione.
Tuttavia, il canto XVII dell’Inferno non è incentrato sugli usurai, ma sulla discesa di Dante e Virgilio nell’ottavo cerchio dell’Inferno, altrimenti detto Malebolge, sulla groppa del mostro infernale Gerione.
Canto 17 Inferno riassunto
Il mostro Gerione vv. 1-33
Il canto 17 dell’Inferno (Inferno XVII) si apre con la solenne presentazione da parte di Virgilio della creatura annunciata alla fine del canto precedente: si tratta del mostro Gerione, allegoria dell’inganno e della frode, che appesta tutto il mondo con la sua puzza. È infatti il custode dell’ottavo cerchio, le Malebolge, dove sono puniti i vari fraudolenti.
Gerione ha il volto da uomo onesto (a significare che la frode si nasconde dietro apparenze rassicuranti); il tronco da serpente (simbolo biblico del male) con una coda da scorpione, biforcuta e piena di aculei velenosi, pronta a colpire a tradimento; le zampe da leone e grandi ali. I suoi colori variegati che si intrecciano in un reticolo sfavillante rappresentano l’inganevolezza. Gerione allegoricamente è il simbolo della frode, punita nell’VIII e nel IX cerchio dell’Inferno.
Gerione si avvicina in modo circospetto all’orlo di pietra, significando in tal modo l’ambiguità tipica dell’atteggiamento dei frodatori.
Gli usurai vv. 34-75
Dante scorge sul sabbione una schiera di dannati: sono gli usurai. Virgilio suggerisce a Dante di recarsi da loro, mentre tratterà con Gerione per convincerlo a trasportarli fino al cerchio seguente.
Gli usurai stanno seduti sul sabbione; con le mani cercano di proteggersi dalle fiamme che scendono dal cielo e dal suolo incandescente: i loro gesti sono paragonati a quelli dei cani che scacciano gli insetti. Hanno una borsa appesa al collo, ciascuna delle quali è diversa per il colore e lo stemma del casato di appartenenza. Essi la guardano avidamente, come se volessero nutrirsi di essa. Dante si accorge che molti appartengono a nobili famiglie fiorentine, come quelle dei Gianfigliazzi e degli Obriachi.
Uno dei dannati, Reginaldo degli Scrovegni, famosa famiglia padovana, lo apostrofa bruscamente annunciando l’imminente arrivo degli spiriti del concittadino Vitaliano del Dente e del fiorentino Giovanni Buiamonte. Infine, in segno di disprezzo, tira fuori la lingua, come fa il bue per leccarsi il naso.
Discesa di Dante e Virgilio in groppa a Gerione vv. 76-136
Dopo questo incontro, Dante si affretta a tornare nuovamente da Virgilio per iniziare la discesa nel vuoto e nel buio, verso l’ottavo cerchio, sulla groppa di Gerione. Dante è invaso dal ribrezzo e dalla paura, tanto da desiderare di essere sorretto dalle braccia della sua guida. Virgilio, che conosce i pensieri di Dante, lo stringe a sé, sostenendolo sul dorso della creatura infernale; intanto raccomanda a Gerione di scendere lentamente, disegnando larghe spirali nell’aria, visto che deve trasportare un corpo ancora vivo. Dante, sospeso nel vuoto, è atterrito come Fetonte, che perse le redini del carro del cielo, e come Icaro, quando sentì sciogliersi la cera che gli teneva attaccate al dorso le ali.
Compaiono infine i fuochi dell’ottavo cerchio e si odono i pianti dei dannati. Gerione deposita i due poeti sul fondo della parete rocciosa e ritorna prontamente indietro, con la velocità di una freccia scoccata dall’arco.