Nel canto 21 del Purgatorio (canto XXI Purgatorio) troviamo Dante e Virgilio nella quinta cornice, tra gli avari e i prodighi. Essi stanno distesi bocconi per terra, con mani e piedi legati e piangendo recitano il versetto del Salmo 118: «L’anima mia è attaccata alla terra»; così come in vita non levarono mai lo sguardo dai beni terreni, ora, per analogia, sono costretti a guardare a terra; in vita furono legati ai beni terreni, ora hanno mani e piedi legati. Di giorno gridano esempi di generosità e povertà, di notte esempi del loro vizio di cupidigia.
I personaggi del canto 21 Purgatorio sono Virgilio, Dante e Stazio.
Purgatorio canto 21 riassunto
Apparizione di Stazio vv. 1-39
Dante e Virgilio avanzano velocemente tra gli avari e i prodighi della quinta cornice, quando, all’improvviso si presenta loro uno spirito (il poeta latino Stazio), solo e non afflitto da pene. Virgilio gli narra di venire dal Limbo e di accompagnare Dante, ancora vivo, al Paradiso terrestre; poi chiede allo spirito a che cosa fosse dovuto il terremoto che ha scosso il sacro monte e l’inno Gloria in excelsis Deo gridato dalle anime, alla fine del canto precedente (canto 20 Purgatorio).
Spiegazioni di Stazio sul terremoto e sul canto vv. 40-75
Stazio spiega che tale tremore non è stato causato dal terremoto, dal momento che il Purgatorio non è soggetto ad alcuna pertubazione. Il monte trema quando un’anima si sente finalmente purificata dal peccato e allora tutti gli spiriti purganti, per celebrare l’evento, intonano un canto di gloria. Lo stesso Stazio dopo cinquecento anni di permanenza nella quinta cornice, ha sentito in questo momento il desiderio di salire e proprio per questo ha fatto tremare il monte, mentre tutte le altre anime hanno condiviso la sua gioia ringraziando Dio attraverso il canto del Gloria.
Stazio parla di sé ed elogia l’Eneide vv. 76-102
Virgilio chiede allo spirito chi sia. Stazio risponde di essere stato un celebre poeta al tempo della distruzione di Gerusalemme da parte di Tito (70 d.C.), ma non ancora convertito al cristianesimo; dichiara quindi il proprio nome, di avere scritto la Tebaide e di essere morto prima di avere completato l’altro suo poema, l’Achilleide. Spiega poi che la fonte del suo ardore poetico fu l’Eneide, che gli aveva anche donato l’illuminazione per la propria salvezza eterna: grazie a Virgilio fu cristiano, e sarebbe disposto a fermarsi ancora un anno in Purgatorio pur di conoscerlo.
Dante rivela a Stazio l’identità di Virgilio vv. 103-136
Dante sorride commosso, perché Stazio non sa che Virgilio è proprio lì davanti a lui, e, sebbene la sua guida gli faccia cenno di trattenersi, non ci riesce. Stazio si stupisce di questa reazione e, ottenuta l’autorizzazione, Dante gli rivela l’identità di Virgilio.
Istintivamente Stazio si china ad abbracciare i piedi del poeta in segno di venerazione, ma questi lo prega di rinunciare, ricordandogli che entrambi sono ora soltanto delle ombre. Stazio risponde che l’amore che nutre per lui gli ha fatto dimenticare che l’abbraccio tra ombre è impossibile.
Da questo momento Stazio si unirà a Dante e Virgilio nel loro viaggio fino al Paradiso terrestre nel canto 30 del Purgatorio.