Il canto 24 dell’Inferno di Dante si svolge nella settima bolgia dell’ottavo cerchio (Malebolge). Qui sono puniti i ladri, che corrono nudi in mezzo a serpenti di ogni tipo, che bloccano loro le mani dietro la schiena. Morsi dai serpenti, bruciano e si inceneriscono, per poi riprendere la forma umana. Per contrappasso, questi dannati, avendo in vita sottratto agli altri beni di proprietà e ne hanno quindi stravolto l’esistenza, ora vengono privati orribilmente della loro identità.
Canto 24 Inferno riassunto e spiegazione
Conforto di Virgilio vv. 1-21
Dante e Virgilio, lasciata la sesta bolgia (vedi canto precedente), si accingono a salire verso la settima bolgia. Dante vede Virgilio turbato, perché i diavoli gli hanno mentito e l’hanno ingannato sull’uscita dal sesto cerchio di Malebolge; a poco a poco però vede che la sua guida si rasserena e allora lo paragona al contadino che vede i campi imbiancati: prima si dispera perché pensa che abbia nevicato; poi, quando capisce che si tratta semplicemente di brina destinata a sciogliersi al sole, si riconforta e manda le pecore a pascolare.
Verso la settima bolgia vv. 22-60
Arrivati in corrispondenza del ponte crollato, Virgilio sospinge Dante su per la roccia scoscesa, verso la sommità dell’argine della settima bolgia, esaminando attentamente ogni spuntone adatto a offrire sostegno. Dante vi giunge talmente sfinito che subito si siede, ma Virgilio lo esorta ad alzarsi e a vincere la pigrizia con la volontà, perché presto lo aspetta una salita ben più lunga e faticosa di quella appena intrapresa (Virgilio si sta riferendo alla salita lungo la montagna del Purgatorio, ben più lunga e faticosa perché essa rappresenta il cammino di purificazione dal peccato).
Incitato dalle esortazioni di Virgilio, Dante vince la stanchezza e insieme alla sua guida giunge sulla sommità del ponte che sovrasta la bolgia.
La settima bolgia: i dannati e la loro pena vv. 61-96
Sul fondo della settima bolgia, Dante vede un ammasso di serpi mostruose che nessuna regione della terra, neppure la più inospitale, può vantare di avere. Le anime dei dannati corrono nude e terrorizzate in questa fossa piena di serpenti; hanno le mani legate dietro la schiena dai serpenti stessi, che mettono coda e capo nei reni dei dannati, percuotendoli e mordendoli.
L’incontro con Vanni Fucci vv. 97-151
Dante e Virgilio vedono un serpente avventarsi contro un dannato e trafiggerlo alla nuca: prende fuoco, si riduce in cenere e subito dopo riacquista la sua forma originaria, come si racconta che faccia la mitica Araba Fenice che ogni cinquecento anni brucia e subito risorge dalle proprie ceneri.
Alla domanda di Virgilio, il dannato risponde di essere il pistoiese Vanni Fucci, che Dante conobbe in vita come uomo violento e sanguinario, e pertanto si meraviglia di vederlo punito tra i ladri.
Vanni Fucci confessa di essere qui per aver rubato degli arredi sacri dal duomo della sua città, per il quale erano stati ingiustamente incolpati altri. E poiché Dante lo ha smascherato e lo ha visto in questa misera condizione, per fargli dispetto, gli predice, perché possa soffrirne fin d’ora, che i Bianchi saranno cacciati da Firenze e Dante dovrà andare in esilio.