Il canto 25 dell’Inferno di Dante si svolge nella settima bolgia dell’ottavo cerchio (Malebolge), dove sono puniti i ladri, e si collega direttamente con il canto precedente.
I due poeti, Dante e Virgilio, nella settima bolgia dell’ottavo cerchio assistono a un eccesso d’ira di Vanni Fucci (incontrato nel canto precedente); incontrano il centauro Caco e sono testimoni di alcune metamorfosi di dannati ladri fiorentini in serpenti e di serpenti in ladri.
Canto 25 Inferno riassunto e spiegazione
Il gesto blasfemo di Vanni Fucci e l’invettiva contro Pistoia vv. 1-15
Vanni Fucci alla fine del suo discorso (vedi canto precedente) pronuncia una bestemmia contro Dio e compie un gesto blasfemo: chiude il pugno e mette il pollice fra l’indice e il medio. Subito viene assalito da due serpenti, che gli avvolgono il collo e gli immobilizzano le braccia, impedendogli così di parlare e di muoversi. In questa circostanza, le serpi si fanno strumento della divina giustizia e diventano per Dante amiche.
Dante prorompe allora in un’aspra invettiva contro Pistoia, città di malaffare, che genera figli così depravati. Vanni, esclama Dante, è persino più superbo ed empio di Capaneo (il gigante nemico degli dèi che Dante incontra tra i bestemmiatori, nel canto 14 Inferno). Allora Vanni Fucci se ne va, senza più dire una parola.
Dante incontra il centauro Caco vv.16-33
Sopraggiunge il centauro Caco, pieno di rabbia; ha il corpo ricoperto da serpenti, sulle spalle reca un drago con le ali spiegate che sputa fuoco e incenerisce chiunque lo incontri. Virgilio spiega a Dante che Caco non si trova insieme agli altri centauri puniti nel primo girone del settimo cerchio tra i violenti contro il prossimo come gli altri centauri, ma si trova qui perché è punito in quanto responsabile del furto del bestiame appartenente all’eroe Ercole, che lo uccise.
Agnolo Brunelleschi e Cianfa Donati vv. 34-78
Mentre Caco si allontana, arrivano tre dannati e la scena che si presenta sotto gli occhi di Dante è tanto incredibile che egli rivolge un appello al lettore esortandolo a credergli. I tre spiriti si avvicinano con l’intenzione di iniziare un dialogo, ma si accorgono dell’assenza del loro compagno Cianfa Donati, che si è trasformato in uno strano serpente con sei zampe. Proprio questo serpente si congiunge con Agnolo Brunelleschi. Dopo un morso sulle gote, le due nature, di uomo e di rettile, si fondono insieme, dando origine a un mostruoso essere ibrido, che, sotto gli occhi atterriti dei due poeti e degli stessi compagni di pena, se ne va a passo lento.
Altre trasformazioni vv. 79-151
Un serpentello nero e veloce come un ramarro si lancia sul secondo dannato, gli trafigge l’ombelico e cade a terra. I due si guardano, cominciano a emettere fumo e danno inizio a un’orribile metamorfosi: l’anima si trasforma in serpente e il serpente assume le sembianze umane.
In questa prova di perizia tecnica, Dante, consapevole della propria bravura, si mette in competizione con i grandi della letteratura latina che avevano affrontato il tema della metamorfosi: Lucano e Ovidio, da lui espressamente citati ai versi 94-102.
Le due anime tramutate sono quelle di Francesco Cavalcanti e Buoso Donati. L’unico a mantenere l’aspetto umano, senza subire trasformazioni, è Puccio Sciancato, che assiste terrorizzato alla scena.