Il canto 26 del Paradiso di Dante, così come i due precedenti (canto 24 e canto 25) si svolge nel cielo delle Stelle fisse, dove risiedono gli spiriti trionfanti. Questo canto conclude il trittico strutturato attorno alle tre virtù teologali (Fede, Speranza e Carità), di cui Dante deve dar conto rispettivamente davanti agli apostoli Pietro (canto 24), Giacomo (canto 25) e Giovanni (canto 26).
In particolare Pietro interroga Dante sulla Fede, Giacomo sulla Speranza e Giovanni sulla Carità.
Canto 26 Paradiso riassunto
San Giovanni esamina Dante sulla Carità vv. 1-69
Mentre Dante è perplesso e timoroso per la momentanea cecità, perché ha guardato la luce accecante di san Giovanni (vedi canto precedente), il santo inizia a interrogarlo sulla terza delle virtù teologali, la Carità.
Gli chiede dapprima qual è l’oggetto del suo amore. Il poeta risponde che è Dio l’oggetto e il fine sublime del suo amore. Il santo chiede poi che Dante spieghi chi ha orientato il suo amore verso Dio. Dante risponde: il bene provoca sempre l’amore nell’uomo a seconda della sua bontà; essendo Dio il bene massimo, ne discende che chi riconosce questa verità, amerà Dio sopra ogni cosa. Sia la filosofia, frutto della ragione umana, sia la Sacra Scrittura, ispirata direttamente da Dio, concordano nell’affermare questo. Infine san Giovanni gli chiede quali sono i motivi che lo spingono ad amare Dio. Dante risponde: la creazione del mondo e del genere umano; la redenzione dal peccato, attuata con la morte in croce di Cristo; il Paradiso e la beatitudine celeste e, in ultimo, la verità razionale secondo cui Dio è il Sommo Bene.
Al termine di queste parole, che concludono l’esame sulla Carità, i beati intonano l’inno di lode Sanctus (Santo è il Signore).
Dante riacquista la vista e incontra Adamo vv. 70-142
Dante riacquista la vista, prima confusamente, poi, grazie allo sguardo risanatore di Beatrice, in maniera completa; si accorge quindi di una quarta sfera luminosa, che si è unita ai tre apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni. Dante domanda di chi si tratta. Beatrice rivela che è Adamo, il primo uomo creato da Dio. Dante stupito piega il capo in segno di rispetto verso Adamo; poi lo rialza, animato dal desiderio di parlargli (il suo gesto è paragonato all’inclinarsi della cima di un albero per effetto del vento).
Adamo, che come tutti i beati legge in Dio i pensieri di Dante, comprende che il poeta desidera sapere da lui quando avvenne la creazione, per quanto tempo egli rimase nell’Eden, quale fu il peccato che causò la cacciata e quale lingua egli avesse creato e usato.
Adamo risponde alle domande in ordine diverso. Prima di tutto, dice che fu cacciato non perché gustò il frutto dell’albero, ma perché peccò di superbia nel momento in cui violò il limite imposto da Dio (quello di non mangiare i frutti di quell’albero); poi afferma che la creazione risale a 6498 anni prima di questo incontro con Dante, cioè del 1300; la lingua da lui creata si era già estinta prima della costruzione della Torre di Babele; infine, nel Paradiso terrestre egli rimase in tutto solo sette ore.