Ascolta “Dante Alighieri – La Divina Commedia – Canto 34 Inferno” su Spreaker.
Il canto 34 Inferno è l’ultimo canto dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri. Si svolge nella Giudecca, ovvero nella quarta zona del nono cerchio dell’Inferno, l’ultimo, occupato da Lucifero, bloccato nel centro della Terra, nel punto più lontano da Dio.
Il nome Giudecca è riferito a Giuda Iscariota, l’apostolo traditore di Cristo, il più grande dei benefattori. Giuda tradì Gesù consegnandolo ai Romani per un compenso di 30 denari d’argento. Poi, si pentì, volle restituire il denaro ai sacerdoti del Tempio, che però rifiutarono, e infine, disperato, s’impiccò a un albero. Nel canto 34 Inferno è straziato con Bruto e Cassio dalla triplice bocca di Lucifero.
Chi sono i peccatori puniti nel canto XXXIV Inferno?
Nel canto 34 Inferno sono puniti i traditori dei benefattori. Essi non hanno la possibilità di comunicare, come accade nelle zone precedenti dello stesso cerchio. Sono immersi nel ghiaccio in varie posizioni: supini, eretti, capovolti, piegati ad arco con il volto vicino ai piedi. I tre sommi traditori e peccatori (Giuda, Bruto e Cassio) sono invece stritolati dai denti delle tre bocche di Lucifero, incurante della presenza di Dante e Virgilio.
Cosa succede nel canto 34 dell’Inferno di Dante?
Lucifero, Giuda, Bruto e Cassio vv. 1-67
Dante e Virgilio attraversano la distesa gelata del lago Cocito, dove sono immersi i dannati. Ad un certo punto Virgilio indica Lucifero, che era stato il più bello di tutti gli angeli prima di essere precipitato nell’Inferno da Dio a causa della sua superba ribellione. Ora è il mostruoso imperatore del doloroso regno. La visione di Lucifero lascia Dante morto di paura.
Lucifero, conficcato nello stesso ghiaccio di cui è origine, è brutto e gigantesco; ha sei ali nere da pipistrello, che generano il vento con cui fa gelare la superficie del lago, dove sono puniti tutti gli altri traditori, immersi nel ghiaccio come pagliuzze, senza mai proferire parola.
Ha una sola testa ma con tre facce di colore diverso: quella davanti è rossa (simbolo dell’ira); a destra è bianco-giallastra (simbolo dell’invidia sterile e impotente); a sinistra è nera (simbolo dell’odio).
Da ciascuna delle tre bocche sporge un dannato stritolato dai denti: in quelle laterali sono puniti Giunio Bruto e Cassio Longino, uccisori di Giulio Cesare e quindi traditori dell’Impero romano, che, secondo l’ideologia storico-politica di Dante, era stato voluto e concepito da Dio all’interno di un progetto salvifico. Bruto, che si contorce e non dice nulla, e Cassio, che appare così muscoloso, sono tenuti entrambi per le gambe e con la testa in giù.
Nella bocca centrale c’è invece Giuda Iscariota, traditore di Cristo, e quindi della Chiesa. Oltre che maciullato da Lucifero, Giuda (che ha la testa dentro la bocca) viene anche graffiato sulla schiena dai suoi artigli, venendo totalmente spellata. Del resto, Giuda ha tradito Cristo, quindi è il peggiore dei traditori e di tutti i dannati dell’Inferno. Per questo la sua pena è la pena più grande.
Infine, dai sei occhi (due per ciascuna delle tre facce) di Lucifero scorrono lacrime – frutto dell’ira, dell’invidia e dell’odio – che si mescolano all’orrida bava intrisa del sangue dei tre peccatori che maciulla.
Dante rappresenta Lucifero come una sorta di rovescio grottesco della Trinità, descritta sulla porta dell’Inferno come divina potestate, somma sapienza e primo amore (Inferno canto 3): il contrario della potenza è l’impotenza, che provoca l’ira (il colore rosso); il contrario della sapienza è l’ignoranza, che provoca l’invidia (il colore giallastro); il contrario dell’amore è l’odio (il colore nero). L’angelo più bello del Paradiso è diventato quindi un essere mostruoso, confinato nelle tenebre più profonde al centro della Terra, tanto quanto Dio si eleva nei cieli avvolto dalla luce. Il vento gelido che produce è il contrario dello Spirito Santo. Lucifero appare così come un essere totalmente degradato, segno tangibile dello stravolgimento che il male produce sulle creature.
Discesa e risalita lungo il corpo di Lucifero vv. 68-87
Ora Virgilio avverte Dante che è quasi notte e che devono rimettersi in cammino, perché dell’Inferno oramai hanno visto tutto.
Quindi Virgilio, con Dante avvinghiato al collo, comincia la discesa lungo il corpo peloso di Lucifero. Poi, a metà della discesa, Virgilio si capovolge, volge cioè la testa in direzione delle gambe di Lucifero, e incomincia a salire, fino a sbucare sull’imboccatura di una caverna, che segna l’entrata nel secondo regno dell’oltretomba (il Purgatorio), raggiungendola poi con un balzo.
Virgilio spiega l’origine dell’Inferno vv. 88-132
Dante si siede ed è stupito di vedere Lucifero rovesciato e a gambe all’aria. Virgilio esorta Dante ad alzarsi subito, perché devono ancora percorrere una via lunga e difficoltosa e sono già le sette e mezza del mattino. Dante chiede al suo maestro di risolvere un dubbio prima di mettersi in cammino. Gli chiede dov’è il ghiaccio di Cocito, com’è possibile che Lucifero sia sottosopra rispetto alla posizione precedente, e infine come può essere già mattina essendo trascorso poco tempo.
Virgilio risponde che Dante pensa di essere ancora nell’emisfero boreale, mentre quando hanno oltrepassato il centro della Terra, dove Lucifero si era conficcato cadendo dal cielo da dove era stato precipitato da Dio a causa del suo peccato di superbia, sono passati nell’emisfero australe opposto all’altro, dove visse e fu crocifisso Gesù. Dunque ora essi si trovano nell’emisfero australe ed è primo mattino.
L’uscita dall’Inferno vv.133-139
I due poeti, dopo la sosta nella grotta sotterranea, s’inoltrano in una stretta galleria, scavata da un fiumicello, il Letè, che proviene dal monte del Purgatorio; lo risalgono guidati dal rumore dell’acqua, finché giungono alla superficie della Terra tornando a riveder le stelle («E quindi uscimmo a riveder le stelle») dopo la tremenda oscurità infernale.
Anche le altre due cantiche terminano con la parola stelle, segno della presenza divina e meta dell’esistenza dell’uomo.