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Riassunto capitolo 8 Promessi Sposi

Riassunto capitolo 8 Promessi Sposi. Cosa succede nel capitolo 8 dei Promessi Sposi? Il tentativo del matrimonio a sorpresa da parte di Renzo e Lucia e quello del rapimento di Lucia da parte dei bravi di don Rodrigo avvengono contemporaneamente e s’intrecciano tra loro e con il piano di salvataggio di Fra Cristoforo, formando una complessa struttura, per la comprensione della quale abbiamo preparato il riassunto capitolo 8 Promessi Sposi.

Riassunto capitolo 8 Promessi Sposi

Dopo un’assenza di cinque capitoli ricompare sulla scena don Abbondio in canonica, intento a leggere un libretto che riporta l’elogio di San Carlo Borromeo. Il santo è paragonato al filosofo greco Carneade, di cui il curato non ha mai sentito parlare. Egli legge, «seduto sul suo seggiolone», «lontano da prevedere che burrasca gli si addensasse sul capo!».

Perpetua dà a Tonio il permesso di salire e s’imbatte in Agnese, che l’attira in disparte, argomentando sui suoi mancati matrimoni, distraendola. Intanto Tonio, accompagnato dal fratello Gervaso, sale al piano superiore. Al tossire di Agnese («era il segnale») Renzo stringe il braccio a Lucia per darle coraggio e «in punta di piedi», «adagino adagino», «pian piano», raggiungono Tonio e Gervaso. I due fratelli entrano nella stanza di don Abbondio, mentre Renzo e Lucia si addossano al muro, trattengono il fiato, ma Lucia non può impedire al suo cuore di palpitare sempre più: è l’unica di cui vengono espressi i sentimenti!

Tonio consegna al curato i soldi dovuti per estinguere il vecchio debito e gli chiede di riconsegnargli la collana della moglie data in pegno. Il curato esegue questi gesti (controlla le monete, va ad aprire l’armadietto dov’è tenuta la collana e, infine, la restituisce) con quella meticolosità e quella lentezza tipiche del suo essere.

Ora c’è la scena culminante della prima parte della “commedia”: don Abbondio sta compilando la ricevuta di pagamento; Tonio e Gervaso si posizionano davanti al tavolino, affinché il curato non veda l’uscio e, intanto, iniziano a stropicciare il pavimento con i piedi. E’ questo il segnale perché Renzo e Lucia entrino.

Renzo riesce a pronunciare la formula del matrimonio «signor curato, in presenza di questi testimoni, quest’è mia moglie», Lucia invece «con quella sua voce soave» e «tremante» riesce appena a pronunciare «e questo…», perché il curato le butta addosso il tappeto del tavolino, coprendola e quasi soffocandola.

Ora nella canonica si svolge un irresistibile balletto: c’è il curato don Abbondio che va «cercando a tastoni» una stanza attigua e continua a gridare, chiamando Perpetua in suo soccorso; Renzo, che tenta di fermare il curato, picchia l’uscio e grida anche lui; Tonio, che carponi tenta di ritrovare la sua ricevuta; Gervaso, che spiritato grida e saltella e cerca le scale per fuggire.

In questa confusione generale Manzoni crea un momento di pausa per una riflessione: il rapporto tra l’apparenza e la verità: Renzo, il vero «oppresso», appare «l’oppressore»; don Abbondio «parrebbe la vittima; eppure in realtà era lui che faceva un sopruso».

Il sagrestano, svegliato dalle urla di aiuto di don Abbondio, decide di suonare le campane a martello. I rintocchi, che si diffondono nella quiete notturna, determinano per tutto il villaggio, immerso nel sonno, un improvviso scattare di gesti: «balzano a sedere sul letto;… tendon l’orecchio, si rizzano… alcuni s’alzano, e vanno alla finestra: i poltroni… ritornano sotto: i più curiosi e più bravi scendono…altri stanno a vedere».

A questo punto il racconto subisce una regressione cronologica e si dirama in direzioni diverse: Manzoni pone in situazione parallela alla spedizione nella casa di don Abbondio la spedizione nella casa di Lucia. Egli torna, perciò, ai tre bravi rimasti nell’osteria all’uscire di Renzo e li segue mentre attraversano il villaggio ormai deserto e silenzioso.

Guidati dal Griso, i bravi entrano furtivamente nella casa di Lucia e Agnese (a differenza del lettore, essi non sanno che in casa non c’è nessuno). Avanzano con cautela, evitando ogni rumore. Poi, la sorpresa e la delusione di fronte al primo letto contro cui si buttano; lo stesso davanti al secondo letto, raggiunto dopo un nuovo e inutile procedere «pian piano».

E allora «si metton tutti, con men cautela, a guardare, a tastare per ogni canto, button sottosopra la casa», per scatenarsi poi in un folle tumulto ai rintocchi della campana, fino a quella ritirata, in cui la crescente agitazione è a stento vinta dall’affannarsi del Griso, paragonato al cane che scorta una mandria di porci.

Riassunto capitolo 8 Promessi Sposi: I paesani accorrono in aiuto di don Abbondio

Quando l’urlo di don Abbondio e l’urlo di Menico giungono, uno dopo l’altro, all’orecchio di Perpetua e Agnese, queste ritornano verso la canonica.

Perpetua incontra sulla soglia Tonio, Gervaso, Renzo e Lucia («i due sposi rimasti promessi»). Renzo e Lucia la respingono con un urtone, mentre Perpetua li interroga invano e si precipita verso la scala. Renzo e Lucia si trovano dinanzi Agnese «che arrivava tutta affannata». Tutti e tre si affrettarono verso casa, «ma arrivava Menico di corsa» che li informa che «c’è il diavolo in casa». Allora cambiano direzione e «entrarono in una stradetta… al primo buco che videro in una siepe, dentro e via per i campi».

I contadini accorrono in piazza ma don Abbondio li rassicura, cercando di mettere a tacere lo scompiglio. L’agitazione non si placa e la gente vuole soccorrere le due donne, ma una voce sostiene che esse sono al sicuro e così l’assembramento si scioglie.

Riassunto capitolo 8 Promessi Sposi: Agnese e i mancati sposi, avvertiti da Menico, si dirigono in convento da fra Cristoforo, che dà loro istruzioni per la fuga

Agnese, Renzo e Lucia, avvertiti da Menico, si dirigono in convento da Fra Cristoforo. Egli, che ha vinto la resistenza di padre Fazio per quella irregolare accoglienza, raccomanda ai tre fuggiaschi la fiducia nella Provvidenza e la preghiera, valori fondamentali della sua concezione di vita. Poi spiega ai tre fuggiaschi il piano di fuga da lui predisposto: Lucia e Agnese ricevono una lettera da consegnare al padre guardiano di Monza; Renzo ne riceve una per padre Bonaventura di Milano; una barca e poi un carro li condurranno a destinazione.

Ritorna nuovamente il tema della casa: «restava da pensare alla custodia delle case. Il padre ne ricevette le chiavi, incaricandosi di consegnare a quelli che Renzo e Agnese gl’indicarono. Quest’ultima, levandosi di tasca la sua, mise un gran sospiro, pensando che, in quel momento, la casa era aperta, che c’era stato il diavolo, e chi sa cosa ci rimaneva da custodire!». Segue un momento di preghiera, non solo per la buona riuscita del progetto, ma anche per la salvezza spirituale e la conversione di don Rodrigo.

Le parole di fra Cristoforo sono di affettuosa compassione e di religiosa convinzione, perché rientra nella morale cristiana amare i propri nemici. Possiamo dire che padre Cristoforo dà a Renzo, Lucia e Agnese la misura della benevolenza di Dio e li convince che l’unico infelice, l’unico realmente disperato e disgraziato è don Rodrigo: «noi, nella nostra tribolazione, abbiamo questo conforto, che siamo nella strada dove ci avete messo Voi: possiamo offrirvi i nostri guai; e diventano un guadagno. Ma lui!… è vostro nemico. Oh disgraziato! Compete con Voi!». Infine, il padre, commosso («con voce alterata»), li congeda: «il cuor mi dice che ci rivedremo presto».

Riassunto capitolo 8 Promessi Sposi: L’addio ai monti di Lucia

Al bordo della barca che li trasporta al di là del lago, assorta nei propri pensieri, Lucia dà l’addio ai suoi monti.

L’ “Addio ai monti” di Lucia si compone di due parti: una prima parte, contemplativa, ed una seconda parte, riflessiva. Punto di partenza, però, è la frase conclusiva del capitolo 8 («Di tal genere, se non tale appunto, erano i pensieri di Lucia, e poco diversi i pensieri degli altri due pellegrini, mentre la barca li andava avvicinando alla riva destra dell’Adda»): essa è del Manzoni, che in tal modo vuole suggerire che i pensieri espressi non sono attribuibili direttamente alla fanciulla, ma sono suoi e li ritiene tanto affini a quelli di Lucia, con la quale si sente in sintonia.

Del resto Manzoni considera suo dovere dare voce ai sentimenti inespressi dei personaggi. Così, egli, nell'”Addio ai monti”, esprime il dolore e lo struggimento di Lucia nell’allontanarsi dal luogo che ama e in cui ha sempre vissuto («Addio, monti sorgenti dalle acque, ed elevati al cielo, cime ineguali note a chi è cresciuto tra voi e impresse nella sua mente… torrenti, de’ quali distingue lo scroscio… ville sparse biancheggianti sul pendio, come branchi di pecore pascenti; addio!») e in cui ha progettato di trascorrere tutta la vita («Addio casa ancora straniera»).

In questo suo canto Lucia rivela tutta la sua anima e la parte più gelosamente custodita del suo cuore («Addio chiesa… dov’era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amor venir comandato, e chiamato santo; Addio!»). Il suo dolore è tanto più forte, perché non ha scelto di andarsene, ma vi è stata costretta da una forza «perversa».

Seduta «nel fondo della barca» posa la sua fronte sul braccio «come per dormire» e piange segretamente. Il suo pianto sconsolato mette in evidenza la sua fragilità, la sua ingenuità, la sua delusione, il suo pudore. Nessuna posa da donna forte, dunque, da creatura d’eccezione.

Lucia è una donna comune, con le sue timidezze e le sue disperazioni. Sempre, però, s’insinua la speranza, sorretta dalla fede in Dio, che, a fronte di tanto dolore, Egli prepara i suoi figli a gioie future più belle: «Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande».

In questa massima è espressa la visione provvidenzialista di Manzoni, la sua totale fiducia in Dio, quella fiducia che fa accettare anche i mali, perché mandati o permessi dal Signore, per i suoi misteriosi progetti; quella fiducia e quell’abbandono totale in Dio, che permettono all’uomo di vedere un senso anche nel dolore, dal quale non si lascia schiacciare, anzi, maturando da esso, compie quel passo avanti che lo porta a potenziare la propria capacità d’amore.

Questo articolo è tratto dall’ebook “Guida ai Promessi Sposi” in vendita su
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