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Cesare attraversa il Rubicone: 10 gennaio 49 a.C.

Il 10 gennaio del 49 a.C. Cesare attraversa il Rubicone con il suo esercito e marcia verso Roma. Ma era vietato ai generali di passare il fiume Rubicone in armi. Quindi con il passaggio del Rubicone, Cesare aveva dichiarato ufficialmente guerra al Senato, diventando perciò nemico della Repubblica romana.

Perché non si poteva passare il Rubicone in armi?

Il fiume Rubicone segnava il confine tra la Gallia Cisalpina e l’Italia propriamente detta. Il breve corso d’acqua, che sfocia nell’Adriatico a nord di Rimini, segnava il termine, stabilito in precedenza da Silla, entro cui un generale era obbligato a lasciare il comando dell’esercito: attraversare il fiume con i soldati in armi, come fece Cesare il 10 gennaio del 49 a.C., costituiva una dichiarazione di guerra allo Stato romano.

Secondo il racconto dello scrittore Svetonio, Giulio Cesare una volta presa la decisione di attraversare il Rubicone esclamò la famosa frase “Alea iacta est” (Il dado è tratto).

Perché Cesare varca il Rubicone con le sue truppe?

Alla morte di Silla, il governo di Roma fu diviso fra le tre persone più influenti del tempo: Gneo Pompeo, Marco Licinio Crasso e Caio Giulio Cesare. (Questo accordo è chiamato Primo triumvirato → “triumvirato” significa proprio “governo di tre uomini”; è chiamato “primo”, perché in seguito ci fu anche il Secondo triumvirato).

Nel 59 a.C. Giulio Cesare divenne console e si fece affidare il comando dell’esercito per la conquista della Gallia. Cesare aveva compreso che la conquista della Gallia, un territorio vastissimo e molto fertile, avrebbe portato grandi ricchezze a Roma e grande celebrità a lui. Nel 52 a.C. Cesare sconfisse i Galli e la Gallia divenne una provincia romana.

Intanto a Roma, dopo la morte di Crasso nella battaglia di Carre (53 a.C.), il Triumvirato, ridotto a due soli protagonisti, era finito. Tra Cesare e Pompeo si profilava un conflitto per il potere, anche perché a Roma imperava ormai l’anarchia: nessuna istituzione offriva più garanzie di stabilità e la città era preda di scontri sanguinosi tra le bande dei cesariani e gli oppositori di Cesare.

Pompeo console senza collega

Il Senato, preoccupato del crescente potere di Cesare, assegnò a Pompeo un incarico senza precedenti, quello di “console senza collega”, vale a dire di console unico. Il Senato pensava così di utilizzare la forza di Pompeo contro Cesare.

La situazione si fece critica quando Cesare, allo scadere del mandato quinquennale in Gallia, chiese di tornare a Roma non come privato cittadino ma dopo essere stato nominato console, perché temeva di trovarsi esposto alle vendette del Senato e di Pompeo. Il Senato invece gli intimò di sciogliere le legioni e di presentarsi a Roma da privato.

Cesare nemico della Repubblica

Cesare, in quel momento acquartierato a Ravenna, fece un ultimo tentativo di compromesso: si dichiarò disposto a congedare le legioni se anche Pompeo avesse congedato le sue. Il tentativo fallì e il Senato, su pressione di Pompeo, dichiarò Cesare nemico della Repubblica. Non restava che la via delle armi: Cesare il 10 gennaio del 49 a.C. superò con le sue legioni il Rubicone, violando così il pomerio di Roma e marciò verso la città.

Cominciava la seconda guerra civile romana, quella tra Cesare e Pompeo (49-45 a.C.), al termine della quale Cesare, vittorioso, si fece nominare dittatore a vita. Ma il 15 marzo del 44 a.C. fu ucciso.

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