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Stoicismo: definizione e principi

Stoicismo deriva da Stoà, il portico di Atene, dove il filosofo Zenone di Cizio impartiva le sue lezioni (Leggi qui Nascita della filosofia: tempi e luoghi).

Lo stoicismo ebbe grande fortuna nel pensiero antico e in quello occidentale moderno perché, a differenza di quello dell’epicureismo, si prestava, per la sua forte ispirazione religiosa, a una conciliazione con la morale cristiana.

Secondo la fisica stoica l’universo è costituito di materia ed è penetrato dall’anima divina (pneuma), il soffio caldo, che dà forma e ordine alla natura.

Niente di ciò che accade è dovuta al caso, ma ogni evento è “fatale”. Di qui il concetto stoico di destino, che coincide con quello della Provvidenza divina. La Provvidenza divina governa il mondo secondo un piano universale, dove ogni esistenza trova un significato e un fine. Necessità e razionalità si identificano.

In quanto essere razionale, l’uomo deve adeguarsi al disegno provvidenziale dell’universo, che subordina l’individuo alla conservazione del tutto.

L’etica stoica ripone il sommo bene (la felicità) nella virtù, che è dovere e sacrificio.
La beatitudine sta nell’imperturbabilità, nella rinuncia alle passioni, nel non credere ai bisogni, nel disprezzo delle avversità, della sofferenza e delle malattie.

Ne deriva una contrapposizione alla concezione edonistica della vita, tipica dell’epicureismo, e una svalutazione di tutto ciò che riguarda la vita materiale.

Se a questo si unisce l’esaltazione della giustizia, della libertà e dell’universalità dell’uomo si capisce come il messaggio morale e umanitario dello stoicismo potesse avere presa sulla cultura dell’Occidente cristiano.

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