Lucio Cornelio Silla nacque a Roma nel 138 a.C. circa. La sua era un’antica e illustre famiglia aristocratica. Si distinse durante la guerra giugurtina in qualità di questore agli ordini di Gaio Mario e nella guerra sociale (91-88 a.C.).
Nell’88 a.C. fu eletto console. Intanto era scoppiata la prima guerra mitridatica.
Silla e Mitridate
Nell’88 a.C., Mitridate VI re del Ponto invase la provincia romana d’Asia sconfiggendo le truppe romane; ordinò di uccidere tutti i cittadini romani e italici presenti nella provincia.
Passò quindi in Macedonia e in Grecia, dove lo accolsero come un liberatore. I suoi piani prevedevano lo scatenamento di una grande rivolta dei territori asiatici e greci sottomessi al dominio romano.
Il senato affidò il comando di questa guerra al console Lucio Cornelio Silla.
Lucio Cornelio Silla contro Gaio Mario
Silla era a Nola, pronto a salpare per l’Oriente, quando gli fu comunicato il contrordine. L’assemblea della plebe, istigata da Gaio Mario e dai suoi seguaci, aveva infatti deciso di assegnare allo stesso Mario il comando della spedizione contro Mitridate VI.
Silla rifiutò il contrordine e convinse i suoi soldati a marciare in armi contro Roma. Per un’antichissima consuetudine, fino al quel momento sempre rispettata, gli eserciti potevano entrare in armi nella città soltanto il giorno del trionfo. Silla fu il primo a violare questa tradizione. Egli entrò quindi a Roma alla testa di sei legioni scatenate contro gli avversari politici.
Molti appartenenti alla fazione dei popolari furono condannati a morte; altri, tra cui Mario, si salvarono con la fuga.
Con quest’azione Silla svelò una verità molto semplice: la repubblica era nelle mani di qualsiasi generale potesse contare su truppe fedeli e pronte a tutto pur di ottenere dal loro capo ricompense e vantaggi materiali.
Ristabilito il potere del senato e degli ottimati, Lucio Cornelio Silla partì per l’Oriente. Qui rimase quattro anni (87-84 a.C.) combattendo vittoriosamente contro Mitridate.
A Roma, intanto, i popolari ritornarono al potere, perseguitarono gli avversari politici e richiamarono in patria Gaio Mario, eletto ancora una volta console. Mario morì però nell’86 a.C., poco dopo l’elezione, lasciando i popolari senza una guida autorevole.
L’avvicinarsi del ritorno di Silla riaccese lo scontro tra le opposte fazioni. Quando Silla sbarcò in Italia nell’83 a.C., forte dei successi ottenuti, delle ricchezze accumulate in Oriente e con un esercito di fedelissimi, si aprì la guerra civile.
Con Lucio Cornelio Silla si schierarono le truppe guidate da due giovani ma abili comandanti, Marco Licinio Crasso e Gneo Pompeo; i popolari si allearono invece con i Sanniti, irriducibili avversari di Silla dai tempi della guerra sociale.
La guerra civile si concluse con la vittoria dei sillani nella battaglia di Porta Collina (82 a.C.). Pompeo inseguì i sostenitori di Gaio Mario in Sicilia e in Africa, sbaragliandoli.
La dittatura di Lucio Cornelio Silla
Silla usò il suo immenso potere per rafforzare il predominio dell’oligarchia. Nell’82 a.C. assunse la carica di dittatore a tempo indeterminato con potere di legiferare. Era una carica inedita.
La dittatura era infatti una magistratura straordinaria, che durava solo sei mesi e alla quale si faceva ricorso soltanto in momenti di grave pericolo per lo Stato. L’ultimo dittatore, Quinto Fabio Massimo, era stato nominato circa un secolo e mezzo prima, durante la Seconda guerra punica (dopo di Silla, Giulio Cesare sarà l’ultimo a vestire gli abiti da dittatore).
L’opposizione fu messa a tacere con le cosiddette liste di proscrizione.
Silla e le liste di proscrizione
Le liste di proscrizione erano elenchi pubblici di cittadini dichiarati traditori dello stato, che chiunque era autorizzato a uccidere impunemente. I beni dei proscritti erano confiscati; i loro figli privati della cittadinanza.
Si aprì una feroce caccia all’uomo. Fu anche l’occasione per vendette personali e per arricchimenti ottenuti con l’assassinio. Un quarto dei senatori e 1600 cavalieri furono infatti uccisi senza processo, i loro beni confiscati e distribuiti tra i sostenitori di Silla.
Le riforme di Lucio Cornelio Silla
Alla repressione seguì un’opera di riorganizzazione delle istituzioni, finalizzata a rafforzare il senato e a indebolire il tribunato della plebe.
Il numero dei senatori fu portato da 300 a 600, con la nomina di personaggi – spesso semplici soldati o ufficiali – che avevano mostrato particolare fedeltà nei suoi confronti.
I tribunali furono sottratti ai cavalieri e affidati unicamente ai senatori: era così cancellata la legge giudiziaria di Gaio Gracco.
I poteri del tribunato della plebe furono drasticamente ridimensionati, quasi vanificati; le decisioni dell’assemblea della plebe erano sottoposte all’approvazione del senato. Con la lex Cornelia de Magistratibus elevò l’età minima per l’accesso alla carica di questore (30 anni), di pretore (40), di console (43).
Con Silla ebbe inoltre luogo la prima grande distribuzione di terre ai veterani: 120 mila ex legionari furono dislocati in undici nuove colonie, soprattutto in Etruria e in Campania (regioni ostili a Silla).
La morte
Convinto di aver agito per il bene della repubblica, nel 79 a.C. Silla lasciò inaspettatamente la dittatura e la vita politica; si ritirò in una sua tenuta in Campania, dove morì nel 78 a.C.
Cosa accadde dopo la morte di Silla
Le riforme di Silla furono prima rimaneggiate, poi abolite nel 70 a.C. da Pompeo e Crasso. In particolare, essi restituirono pieni poteri ai tribuni della plebe; ampliarono le frumentazioni a favore del popolo; consentirono nuovamente ai cavalieri di accedere ai tribunali per i reati di corruzione.