La cittadinanza romana (civitas romana) si acquisiva: per nascita da un matrimonio in cui entrambi gli sposi fossero entrambi cittadini; per adozione, in forza dello ius migrandi (qualora si conseguisse una residenza stabile a Roma); tramite la manomissione servile (l’atto con cui il proprietario liberava uno schiavo).
Non tutti gli schiavi manomessi (cioè i liberti) però potevano acquisire la cittadinanza romana: ne erano esclusi quelli rei di aver commesso gravi atti infamanti.
Nel 212 d.C. la Constituto Antoniniana o editto di Caracalla estese la condizione di cittadino romano (civis romanus) a tutti i residenti entro i confini dell’impero. La cittadinanza non era più un privilegio.
Diritti e doveri del civis romanus
Lo status di civis romanus (cittadino romano) comportava i seguenti diritti:
diritto di voto (ius suffragii);
ius honorum, cioè l’eleggibilità per gli incarichi pubblici;
diritto di commerciare, di possedere beni, di eseguire transazioni patrimoniali;
diritto di appellarsi al popolo (ius provocandi ad populum) al fine di contrastare il potere dei magistrati;
il diritto – per i plebei – a ricorrere al tribuno della plebe al fine di contrastare il potere dei magistrati;
diritto al matrimonio (ius connubii);
diritto a fare testamento e ad esserne eredi.
Il cittadino romano, inoltre, aveva il diritto di non essere condannato senza processo, di non subire punizioni corporali o infamanti, come la crocifissione. I cittadini potevano essere puniti unicamente con le frustate e condannati a morte per decapitazione, come nel caso di Paolo di Tarso.
Era poi dovere dei cittadini romani rispettare le leggi e pagare le tasse. Avevano anche l’obbligo di iscriversi al censo affinché lo Stato potesse calcolare la classe a cui appartenevano in funzione della loro agiatezza e ciò aveva ripercussioni sul tipo di voto nei comizi centuriati.
Le donne romane erano prive di qualsiasi diritto politico. Per un approfondimento leggi Diritti e doveri delle donna romana.