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Come un vaso di terracotta costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro

Come un vaso di terracotta costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro è questa una similitudine (capitolo 1 Promessi Sposi) rimasta famosa e quasi proverbiale. Sta a sottolineare la vulnerabilità e l’incapacità di don Abbondio, uomo fragile e pavido, ad opporsi ai prepotenti che lo circondano, in un’epoca in cui, per potersi difendere, bisognava essere potenti oppure intrepidi e coraggiosi.

Perché Manzoni utilizza questa similitudine riferendosi a don Abbondio?

Alessandro Manzoni spiega nel capitolo I del romanzo I Promessi Sposi che l’assoluta mancanza nel 1600 di leggi che proteggessero i deboli dai prepotenti e dai malvagi avevano spinto don Abbondio a diventare prete, perché lui non nobile, non ricco e che non era nato con un cuor di leone, si era presto accorto di essere nella società in cui viveva “come un vaso di terracotta costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro” e quindi d’essere assolutamente bisognoso di qualcuno che lo difendesse dalla diffusa violenza di quegli anni.

E allora lui, prete per convenienza più che per vocazione, aveva improntato tutta la sua esistenza alla prudenza, a cercare di evitare qualunque contrasto, qualunque presa di posizione, schierandosi, se costretto, sempre dalla parte del più forte.

Mai infatti si schiera apertamente per Renzo e Lucia, stenta poi a comprendere il senso profondo della conversione dell’Innominato e del discorso di rimprovero (capitoli XXV e XXVI) che gli rivolge il cardinale Federigo Borromeo, che vuole essenzialmente richiamarlo al significato profondo della sua vocazione. Agli interrogativi pressanti del cardinale che, citando il Vangelo, ripropongono i doveri sacerdotali, don Abbondio sa soltanto rispondere che, quando c’è di mezzo la forza, non si  può né vincerla né impattarla e che comunque il coraggio uno non se lo può dare.

Le parole del cardinale rimangono dunque, per una personalità così strutturata, com’è quella di don Abbondio, solo suoni privi della realtà cui si riferiscono. Esse perdono inoltre gran parte della propria forza persuasiva per il fatto che il cardinale, contrariamente a don Rodrigo, non ha né schioppo, né spada, né bravi. Non minaccia, in altre parole, l’esistenza fisica del curato.

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