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Compromesso storico e solidarietà nazionale

Con l’espressione di compromesso storico s’intende la strategia politica elaborata dal segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer nell’autunno del 1973.

Il compromesso storico doveva consistere in una solida collaborazione di lungo periodo e di alto profilo fra i tre partiti di massa, DC, PCI e PSI, gli stessi che avevano governato insieme nella fase fondativa della Repubblica.

L’obiettivo era il perseguimento di una politica di rinnovamento socio-economico, tale da originare un ampio moto di consenso e scongiurare qualsiasi pericolo reazionario.

La solidarietà nazionale

La proposta negava di fatto la possibilità dell’alternanza e sembrava non lasciare alcuno spazio per l’opposizione.

Il compromesso storico nella forma immaginata da Berlinguer – quella di un’alleanza organica e duratura fra i tre partiti maggiori – non si realizzò mai.

La proposta di Berlinguer trovò però un interlocutore attento nel presidente nella DC Aldo Moro. Ciò consentì la formazione, in uno dei  momenti più difficili della storia repubblicana, di due successivi governi di «solidarietà nazionale» guidati da Giulio Andreotti (prima con l’astensione del PCI, poi col suo voto favorevole in Parlamento).

Il ritorno alla formula di centro-sinistra

L’esperienza della solidarietà nazionale durò poco più di tre anni (1976-78).

Infatti:

  • le divisioni e le polemiche seguite al rapimento e all’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse;
  • la volontà del leader del PSI Bettino Craxi di distinguersi dall’alleanza PCI-DC in cui il suo partito si sentiva schiacciato;
  • la divergenza tra le strategie dei due partner principali sul futuro dell’alleanza (il PCI la voleva organica e stabile, la DC la vedeva finalizzata al superamento dell’emergenza ed era contraria all’ingresso del PCI nel governo)

tutto questo determinò, all’inizio del 1979, il ritorno dei comunisti all’opposizione.

La disponibilità del PSI di Craxi a un ritorno alle vecchie alleanze anche senza il PCI aprì la strada a una nuova coalizione di centro-sinistra (DC, PSI, PSDI, PRI) che più tardi, allargata anche ai liberali, si sarebbe chiamata «pentapartito».

Il sistema, chiusa la parentesi dell’emergenza, tornava così alla sua forma classica con la DC al centro e il PCI a occupare lo spazio dell’opposizone di sinistra. La destra, sempre più emarginata, ridotta ormai alla sola componente neofascista causa la scomparsa dei monarchici.

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