All’Università di Firenze, si è parlato della cooperazione allo sviluppo e la tutela del patrimonio culturale in contesti fragili. A questo tema è stato dedicato il convegno internazionale che si è tenuto giovedì 10 e venerdì 11 novembre (Aula magna di Palazzo Fenzi, via San Gallo, 10), a cura dell’Università di Firenze, in collaborazione con il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS), sotto il patronato dell’Unesco.
Un bene culturale viene eletto patrimonio culturale Unesco se rappresenta un capolavoro del genio creativo umano che ha portato una testimonianza unica della civiltà che l’ha realizzata. Il patrimonio culturale è un esempio dell’interazione umana con l’ambiente e comunica un significato universale valido per tutti,
Il convegno “Cultural Heritage in Fragile Contexts” – che intende segnalare la stretta relazione fra conservazione del patrimonio culturale e promozione di sviluppo sostenibile, passando in rassegna le azioni svolte per il patrimonio culturale Unesco in Afghanistan, in altri Paesi del Medio Oriente e nel subcontinente indiano – si è aperto giovedì 11 con il saluto della rettrice dell’Ateneo fiorentino Alessandra Petrucci e l’assessora comunale all’Università Elisabetta Meucci. Hanno introdotto l’iniziativa il vicedirettore di AICS Leonardo Carmenati e Mirella Loda, referente dell’Università di Firenze per la Cooperazione allo sviluppo.
Un approfondimento è stato dedicato al caso di studio del sito di Bamiyan, patrimonio dell’umanità, dopo la caduta del governo afghano nell’agosto 2021, con il confronto tra metodologie e approcci operativi.
“Non a caso questa importante manifestazione si svolge a Firenze – afferma Mirella Loda, direttrice del Laboratorio di Geografia Sociale (LaGeS) del Dipartimento di Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo -. L’Ateneo fiorentino da anni è intervenuto in Afghanistan per aiutare a governare in modo sostenibile la forte espansione urbana: il LaGeS ha prodotto progetti di pianificazione urbana e territoriale nelle città di Herat e Bamiyan. Ottanta persone, fra dirigenti, quadri ministeriali e altro personale afghano, sono stati formati al governo del territorio e alla tutela del patrimonio culturale attraverso la partecipazione al Master Unifi in Urban Analysis and Management”.
Il metodo usato dall’Ateneo si è distinto per l’attenta ricerca sul campo e un orientamento partecipativo (interlocuzione diretta con la popolazione, collaborazione continua con gli organismi locali). “La riconquista talebana ha di colpo interrotto questi processi virtuosi, spingendo un’intera classe dirigente alla diaspora – commenta ancora Loda -. In questo contesto l’Università di Firenze ha sviluppato un programma di accoglienza e sta anche cercando di coinvolgere studenti ed esperti afghani della diaspora in gruppi di ricerca misti italo-afghani”.
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