Celeste è questa corrispondenza di amorosi sensi, celeste dote è negli umani. Tale espressione tratta da Dei Sepolcri di Ugo Foscolo (vv. 29-31) è impressa nella memoria di tanti di noi, studenti di oggi e di ieri. Parafrasando: Questa corrispondenza di sentimenti (sensi) amorosi è divina (celeste), è una dote divina negli uomini.
È un verso passato nella lingua usuale, come accade tutte le volte che un modo di sentire comune si esprime con una forza e una precisione che sono sì individuali, ma paiono pure riassumere il pensare e il sentire di tutti.
Che cosa vuole intendere Foscolo con “Celeste è questa corrispondenza di amorosi sensi, celeste dote è negli umani”?
“Celeste”: è così che Ugo Foscolo nel Dei Sepolcri definisce il legame intimo e sublime che si stabilisce tra chi è rimasto in vita e chi non lo è più e che permette a chi è vivo di illudersi che la persona cara scomparsa non è scomparsa del tutto e che un giorno anche a lui succederà la stessa cosa.
Questa «corrispondenza di amorosi sensi» è qualcosa di divino, è una prerogativa eccezionale concessa agli uomini, che rende in qualche modo l’uomo simile a un dio, perché in un certo senso – idealmente e illusoriamente – gli permette di sconfiggere la morte.
La ripetizione dell’aggettivo «Celeste» sottolinea, senza enfasi, il significato solenne e quasi sentenzioso dell’affermazione.
Ti potrebbero interessare anche:
Dei Sepolcri riassunto, analisi, commento.