La Corte penale internazionale, istituita a Roma nel 1998, ha sede all’Aia nei Paesi Bassi dal 2002. Giudica i crimini internazionali commessi sul territorio degli Stati aderenti.
È un tribunale internazionale permanente chiamato a giudicare individui (e non Stati) che abbiano commesso:
genocidio, cioè atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo razziale, etnico, religioso, nazionale;
crimini contro l’umanità, che comprendono assassinio, sterminio, riduzione in schiavitù, deportazione, persecuzioni per motivi religiosi o politici e altri atti inumani commessi contro la popolazione civile;
crimini di guerra, comprendono le violazioni del diritto internazionale di guerra sancita dalla Convenzione di Ginevra del 1949, fra cui rientrano la privazione di un processo equo, la tortura, i trattamenti inumani, la deportazione; e, di recente, anche crimini di aggressione.
I responsabili di tali crimini non potranno addurre, a loro giustificazione, il fatto di aver eseguito l’ordine di un superiore. La pena massima che può essere inflitta è l’ergastolo.
Un limite all’azione della Corte penale internazionale sta nel fatto che essa ha giurisdizione solo all’interno dei Paesi che hanno sottoscritto l’accordo (attualmente sono 123, tra cui l’Italia). Tuttavia il Consiglio di sicurezza dell’ONU può chiedere l’intervento della Corte anche per i reati commessi in Paesi non firmatari.
Attualmente non hanno ancora aderito, tra gli altri, gli Stati Uniti, la Russia e la Cina. Gli Stati che non hanno aderito non sono obbligati a estradare cittadini accusati dei reati.