La ballata è un componimento poetico di ispirazione per lo più amorosa nato nel Medioevo. È chiamata anche canzone a ballo perché in origine la ballata era legata alla danza e quindi accompagnata dalla musica.
La ballata è tipicamente italiana e le sue origini sono da ricercare a Firenze e a Bologna dove fece la sua comparsa intorno alla metà del XIII secolo, per poi essere perfezionata dagli Stilnovisti e da Francesco Petrarca.
Essa non venne mai usata dai poeti della Scuola siciliana e fu invece utilizzata sia da Guittone d’Arezzo – dichiarato l’inventore della ballata “sacra” – sia da Iacopone da Todi come metro della lauda.
La ballata è costituita da versi endecasillabi, spesso misti a settenari.
È divisa in un numero variabile di strofe o stanze, ciascuna delle quali è preceduta da uno stesso ritornello o ripresa. Le strofe (o stanze) venivano intonate da un solista mentre il coro, che danzava intorno a lui, ripeteva il ritornello (o ripresa) alla fine di ogni stanza.
Ogni strofa (o stanza) è divisa in tre parti: le prime due, eguali tra loro, sono dette piedi; la terza, che di norma è uguale alla ripresa, è detta volta. L’ultimo verso della volta rima sempre con l’ultimo verso del ritornello (o ripresa).
A seconda del numero dei versi della ripresa la ballata è detta:
- grande se il ritornello (o ripresa) consta di quattro versi;
- mezzana se il ritornello (o ripresa) ha tre versi;
- minore se il ritornello (o ripresa) ne ha due;
- piccola se il ritornello (o ripresa) è costituita da un verso endecasillabo;
- minima se il ritornello (o ripresa) è costituita da un verso quinario o settenario o ottonario;
- extravagante quando la ripresa è costituita da più di quattro versi.
Tra gli esempi più significativi di ballata proponiamo Perch’i’ no spero di tornar giammai di Guido Cavalcanti.
La ballata fu ripresa tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento da Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli e Gabriele D’Annunzio.