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Dal Fermo e Lucia ai Promessi Sposi del 1827 e del 1840

Fermo e Lucia di Alessandro Manzoni, riassunto di Letteratura italiana. In particolare: la stesura di Fermo e Lucia (1821-1823), dal Fermo e Lucia a I Promessi Sposi del 1827, il confronto tra il Fermo e Lucia e I Promessi Sposi del 1827, dai Promessi Sposi del 1827 ai Promessi Sposi del 1840.

La prima fase: la stesura di Fermo e Lucia (1821-1823)

I Promessi Sposi, prima di arrivare a essere il romanzo che oggi leggiamo, ebbe una lunga vicenda compositiva: una vicenda che durò quasi vent’anni. Alessandro Manzoni, dopo aver letto l’Ivanhoe, il capolavoro di Walter Scott nel gennaio del 1821 e averne discusso per lettera con l’amico francese Claude Fauriel (uno dei promotori del Romanticismo in Francia), dette avvio, il 24 aprile, alla stesura del Fermo e Lucia, nella villa di Brusuglio (residenza estiva, in provincia di Milano, dello scrittore e della sua famiglia, ereditata da Carlo Imbonati, compagno di Giulia Beccaria, figlia del noto Cesare Beccaria e madre di Alessandro Manzoni). Aveva con sé due testi di documentazione storica che probabilmente collaborarono alla scelta del secolo (il Seicento) e della vicenda: la Historia patria del milanese Giuseppe Ripamonti (1577-1643) e l’Economia e Statistica di Melchiorre Gioia (1767-1829). Il lavoro, interrotto dopo i primi due capitoli per finire l’Adelchi, fu ripreso in autunno. La prima redazione del romanzo, col titolo provvisorio di Fermo e Lucia, dal nome dei due protagonisti (poi Fermo diventerà Renzo), fu chiusa il 17 settembre 1823.

La seconda fase: da Fermo e Lucia a I Promessi Sposi del 1827

Il risultato della prima fase del lavoro non soddisfece Manzoni, che si rimise subito a rivedere quanto aveva scritto. L’autore procedette a una profonda revisione del romanzo, che ne modificò la struttura e la lingua: vennero abolite le lunghe digressioni e soppressi gli episodi più accesamente romantici o più corrispondenti al gusto del romanzo nero e gotico; venne organizzata in maniera diversa la materia; infine si cercò di uniformare la lingua al toscano vivo. Mutò in parte anche l’atteggiamento di Manzoni, che in Fermo e Lucia appare legato al pessimismo delle tragedie e a una visione integralmente negativa della storia. Questa revisione portò all’edizione a stampa del 1827 in tre tomi (il primo uscito già nel 1825), di solito chiamata, dall’anno della stampa, «ventisettana». Il titolo ora è quello definitivo di I Promessi Sposi (solo per un breve periodo l’autore aveva pensato invece a Sposi Promessi).

Il Confronto tra Fermo e Lucia e I Promessi Sposi del 1827

Il nuovo romanzo era qualcosa di diverso dall’originario Fermo e Lucia, tanto diverso che oggi la critica è propensa a valutare i due scritti come opere autonome, prodotti di un gusto e di una sensibilità differenti: più vicino al gusto medio del proprio tempo il Fermo e Lucia, più originale e maturo I Promessi Sposi.
Intitolato ai due umili protagonisti, il Fermo e Lucia, nei suoi trentasette capitoli, suddivisi in quattro tomi, racconta i casi nati da un amore contrastato per capriccio da un signorotto prepotente di un paese nei pressi di Lecco. Innumerevoli saranno le traversie superate dai due sfortunati protagonisti, Fermo e Lucia, prima di poter coronare il loro sogno d’amore e prima che la peste li liberi finalmente dal malvagio don Rodrigo. Posta in questi termini, la trama del romanzo appare non dissimile sostanzialmente da quella dei Promessi Sposi. In realtà, le differenze, notevoli e meno superficiali di quanto sembri, affiorano spesso. Diversi sono il titolo, il nome dei personaggi, la delineazione di figure e fatti:

  • il protagonista maschile ha il nome di Fermo, mentre il nome Lorenzo è attribuito al sagrestano di don Abbondio, che nei Promessi Sposi diventerà Ambrogio;
  • all’inizio del tomo II è presente una digressione in cui l’autore finge un dialogo con un lettore fittizio, il quale gli rimprovera di aver omesso dal racconto la descrizione dei sentimenti di Fermo e Lucia. Manzoni difende le sue scelte stilistiche, argomentando che tale descrizione non è necessaria alla comprensione della vicenda e potrebbe invece suscitare pensieri peccaminosi. Nei Promessi Sposi questa parte viene eliminata e la descrizione dell’innamoramento dei due giovani è comunque assente;
  • la monaca di Monza si chiama Geltrude (Gertrude nei Promessi Sposi) e la sua torbida storia con Egidio ha come complici due suore; una di esse eseguirà materialmente l’assassinio di una terza suora che ha scoperto tutto, mentre Egidio sotterrerà il cadavere nella cantina della sua casa, adiacente al convento. In Fermo e Lucia sono inoltre presenti numerosi dialoghi tra gli amanti, che diverranno discorsi indiretti riassunti sommariamente nei Promessi Sposi.
  • l’Innominato è chiamato Conte del Sagrato e il suo colloquio con don Rodrigo è infarcito di termini spagnoleggianti (il dialogo diverrà un sintetico discorso indiretto nei Promessi Sposi); in Fermo e Lucia viene anche descritto con violenza e ferocia il delitto da egli compiuto sul sagrato di una chiesa (da qui il soprannome); un’altra differenza è il suo incontro con il cardinale Borromeo quando i due erano adolescenti, inserito nel racconto della conversione del conte;
  • nella versione de I Promessi Sposi risulterà cambiato l’episodio della morte di don Rodrigo. In Fermo e Lucia: mentre la peste infuria, i due promessi si ritrovano nel lazzaretto di Milano. Qui, mentre in una capanna stanno ascoltando padre Cristoforo, che ha appena sciolto Lucia dal voto fatto nella terribile notte trascorsa al castello del Conte del Sagrato, compare sulla porta una figura macilenta e paurosa, in cui la giovane riconosce il suo persecutore don Rodrigo. Mentre Lucia lancia un grido di paura, Fermo e padre Cristoforo si alzano per soccorrere l’infelice, ma questi, terrorizzato, fugge via, dileguandosi in groppa a un cavallo dei monatti. La sua folle cavalcata, però, sarà di breve durata, perché di lì a poco, stramazzato al suolo, verrà raccolto dal carro dei monatti e i suoi miseri resti finiranno nella fossa comune, condannato così dalla giustizia divina, senza possibilità di intervento di Dio che forse ha in mente di salvarlo. Ne I Promessi Sposi l’episodio si configurerà più cristianamente: don Rodrigo, nel suo letto di sofferenza, sarà consolato dal perdono degli uomini, lasciandoci però il dubbio se egli si sia pentito o meno dei suoi peccati.

La terza fase: dai Promessi Sposi del 1827 ai Promessi Sposi del 1840

Neanche il totale rifacimento del Fermo e Lucia parve soddisfacente ad Alessandro Manzoni, che ben presto riprese in mano i Promessi Sposi per sottoporli a una nuova revisione. L’intervento riguardò soltanto le strutture espressive, specialmente quelle lessicali, lasciando inalterata la struttura romanzesca. Infatti Manzoni si era nel frattempo ancor più convinto della necessità politica di una lingua nazionale comune a coronamento del processo risorgimentale, e si era altresì persuaso che questa poteva essere costruita prendendo a fondamento non la lingua letteraria del passato ma il toscano vivo parlato dalla borghesia colta di Firenze, l’unico comprensibile in tutta Italia. Per questo lavoro di revisione linguistica si avvalse anche di “correttori” – Gaetano Cioni e Giovan Battista Niccolini – e dell’aiuto di un’istitutrice fiorentina, Emilia Luti. Nel 1840 il lavoro era finito e tra il 1840 e il 1842, a dispense, vedeva la luce la «quarantana», l’edizione definitiva dei Promessi Sposi.

In appendice alla «quarantana» viene pubblicata la Storia della colonna infame, che è insieme un trattatello storiografico a un pamphlet morale.

Questo articolo è tratto dall’Ebook Guida a I Promessi Sposi analisi e interpretazione del romanzo di Alessandro Manzoni di Studia Rapido. L’Ebook è in vendita su Apple Store e Amazon Kindle.

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