De Monarchia di Dante Alighieri: spiegazione e analisi. Riassunto di Letteratura italiana per conoscere e memorizzare rapidamente
Il De Monarchia è l’opera dottrinale più organica di Dante Alighieri: raccoglie le idee politiche del poeta, espressa già in parte nel Convivio e sviluppate, poi, anche nella Commedia (e soprattutto nel Paradiso). È l’unica opera compiuta assieme alla Commedia.
Il De Monarchia è scritto in latino – quindi rivolto a un pubblico di dotti. È stato composto nel periodo della discesa in Italia dell’imperatore Enrico VII di Lussemburgo (1310 – 1313), che suscitò in Dante l’illusione di una restaurazione dell’impero universale.
L’opera è suddivisa in tre libri.
Il primo libro del De Monarchia
Nel primo libro del De Monarchia Dante sostiene e dimostra la necessità di un impero universale, per assicurare la pace universale e la giustizia.
Gli uomini sono corrotti dalla cupidigia dei beni materiali e provocano, così, contese e guerre; se ci fosse un unico monarca possessore di tutti i beni gli uomini sarebbero liberati e nel mondo regnerebbe pace e giustizia; inoltre, l’imperatore, in quanto possessore di tutto, sarebbe egli stesso esente dalla cupidigia.
Il bisogno di un ordine gerarchico è connaturato all’uomo e l’unica guida, l’imperatore, deve guidare l’umanità verso la conoscenza e l’azione positiva. Dimostrazione ulteriore di questa tesi è anche il fatto che la nascita di Cristo sia avvenuta durante l’Impero di Augusto, nel momento di massima estensione del potere universale di Roma e durante una condizione di pace mondiale.
L’ideale di un impero universale rispondeva pure a un’esigenza di ordine filosofico, tipica della mentalità medievale: ridurre la molteplicità a unità (reductio ad unum).
Il secondo libro del De Monarchia
Il secondo libro dimostra come l’autorità imperiale sia stata concessa da Dio, nel suo disegno provvidenziale, al popolo romano, che ebbe il compito di unificare e pacificare il mondo per renderlo adatto ad accogliere il messaggio di Cristo.
Il terzo libro del De Monarchia
Il terzo libro affronta il dibattito dei rapporti tra Impero e Chiesa, superando tanto le posizioni di chi affermava la superiorità del potere temporale su quello del papa (filoimperiali) quanto di chi era sostenitore della tesi opposta (filopapali).
Dante espone la teoria dei due soli: al papa non spetta alcun potere temporale ed è da ritenersi nulla la donazione di Costantino (al tempo di Dante non era ancora stato dimostrato fosse un falso, il merito andò in seguito all’umanista Lorenzo Valla), che assegnava al papa il controllo di una regione territoriale. Entrambe le autorità derivano il loro potere direttamente da Dio e perciò sono autonome e destinate entrambe alla realizzazione dell’uomo, quale essere materiale e spirituale: l’imperatore deve garantire la felicità terrena, il papa la beatitudine eterna.
Potere imperiale e potere religioso sono reciprocamente autonomi e nello stesso tempo complementari: l’imperatore deve riverenza al papa, guida spirituale dell’umanità, e il papa ha bisogno, per operare, della pace che solo il potere politico può garantire.