Diocleziano, ovvero Gaio Valerio Diocles (poi latinizzato in Diocleziano), nacque il 22 dicembre del 244 d.C. in Dalmazia da una famiglia di umili origini: il padre era un liberto e non potè quindi ricevere un’istruzione di alto livello. L’unica possibilità di ascesa sociale era rappresentata dalla carriera militare.
Attorno al 270 entrò nell’esercito e combattè in Gallia sotto Aureliano e Probo. Nel 280 divenne comandante militare della Mesia e nel 282 comandante della guardia personale dell’imperatore Caro.
Diocleziano acclamato imperatore
Alla morte del sovrano, avvenuta durante una spedizione in Persia, si accesero le lotte per la successione. Nel settembre del 284 le legioni acclamano Diocleziano imperatore, mettendo fine alle lotte dinastiche che avevano travagliato l’Impero nel cinquantennio precedente (la cosiddetta epoca dell’anarchia militare).
Diocleziano si rese subito conto che il governo di un impero immenso come quello di Roma non poteva essere gestito da un uomo solo. Per questa ragione nel 286 associò al trono un abile generale originario della Pannonia, Massimiano. A questi affidò il governo dell’Occidente, riservando a sé il controllo della parte orientale dell’impero, la più ricca e popolosa.
Diocleziano instaura la tetrarchia
Nel 293 Diocleziano varò un nuovo sistema di governo chiamato tetrarchia (cioè governo a quattro, dal greco tetra, “quattro”, e árchein, “governare”) in cui il potere veniva spartito tra due imperatori chiamati augusti, Massimiano e Diocleziano. Ciascuno dei due era affiancato da un cesare destinato a succedergli.
Diocleziano scelse come cesare il generale illirico Galerio, mentre Massimiano scelse Costanzo Cloro, anch’egli un militare originario dell’Illiria. Dopo un ventennio di governo, nelle intenzioni di Diocleziano, i due augusti avrebbero dovuto abdicare e lasciare il posto ai rispettivi cesari.
In questo modo si sarebbero evitate le lotte dinastiche che avevano travagliato l’impero nel III secolo, si sarebbe governato meglio e assicurato una maggiore difesa del territorio romano.
Per essere più vicini alle aree maggiormente esposte a minacce esterne, ciascun tetrarca scelse come propria residenza e capitale una città diversa. Diocleziano scelse Nicomedia, in Asia Minore, punto strategico per controllare gli stretti tra Mediterraneo e mar Nero e per meglio fronteggiare la minaccia persiana. Massimiano optò per Milano, non lontana dal confine settentrionale dell’impero. Galerio si stabilì a Sirmio, a ridosso del confine danubiano. Costanzo Cloro a Treviri sul confine renano.
All’interno della tetrarchia, per quanto nata come governo a quattro, fu Diocleziano ad assumere un ruolo predominante. La sua autorità era assoluta e considerata di origine divina.
Già Aureliano aveva assunto il titolo di dominus et deus (signore e dio), ma Diocleziano rafforzò questa ideologia facendosi chiamare “figlio di Giove”. Si mostrò sempre più raramente in pubblico, a sottolineare la sua distanza dai comuni mortali, e introdusse alla corte imperiale il cerimoniale persiano che prevedeva l’atto di prostrarsi di fronte al sovrano.
Diocleziano e le persecuzioni contro i cristiani
La politica di Diocleziano di rafforzamento dell’autorità imperiale e sacralizzazione non poteva ammettere che all’interno dell’impero ci fossero comunità che sfuggissero al controllo dello stato. Nel 303 emanò, quindi, un editto di persecuzione contro i cristiani. Essi erano considerati una minaccia non tanto perché veneravano un proprio dio, ma perché non erano disposti a riconoscere la religione ufficiale romana né la natura divina dell’imperatore.
Diocleziano e la riorganizzazione dell’esercito
Diocleziano modificò la struttura dell’esercito romano. Furono creati reparti militari stanziati nelle città principali, pronti a intervenire rapidamente laddove si presentasse una minaccia. Si trattava di un esercito mobile (comitatus, in latino “compagnia”), i cui appartenenti presero il nome di comitatensi. Si trattava delle truppe migliori e meglio equipaggiate di fanteria pesante e cavalleria.
Lungo le frontiere, invece, venne posto l’esercito di confine, costituito dai limitanei (dal termine latino limes, “confine”). I limitanei dovevano essere procurati dai grandi proprietari terrieri delle zone di confine; ma poiché questi si sottraevano spesso a ogni obbligo di tipo militare pagando una tassa di leva, l’esercito utilizzava il denaro incassato per reclutare altri soldati, per lo più fra i germani. Questi ultimi, in breve tempo, contribuirono a indebolire le difese romane di fronte alle incursioni.
Diocleziano e la riforma fiscale
Per finanziare l’esercito, Diocleziano avviò nel 297 una riforma fiscale. Essa prevedeva prima di tutto un censimento della popolazione dell’impero per poter individuare le attività produttive artigianali e commerciali da tassare. Allo stesso tempo venne realizzato un catasto, cioè un inventario delle terre coltivabili, la loro estensione, il numero dei contadini che vi lavoravano, il tipo di coltura, ecc.
Sulla base di quanto accertato dal catasto vennero introdotte due imposte fondamentali, l’imposta fondiaria (iugatio) e l’imposta personale (capitatio).
L’editto dei prezzi di Diocleziano
Col tempo la pressione fiscale divenne estremamente gravosa per la popolazione. A ciò si aggiunga la grave crisi economica, il continuo aumento dei prezzi e la svalutazione della moneta.
Così nel 301 Diocleziano emanò l’editto dei prezzi. Con esso impose i valori massimi dei salari e i prezzi massimi a cui potevano essere venduti i prodotti.
I trasgressori venivano puniti con la pena di morte. Nonostante questo però l’editto non ottenne i risultati sperati, anzi paralizzò l’economia, perché i mercanti cominciarono a nascondere i prodotti e a venderli illegalmente a prezzi più alti di quelli previsti dall’editto.
Molti cominciarono ad abbandonare le loro attività pur di sfuggire al fisco romano: alcuni si arruolavano nell’esercito, altri vivevano di espedienti e di elemosina. Questa situazione rischiava di mettere in crisi il sistema di raccolta delle imposte.
Diocleziano introduce l’ereditarietà dei mestieri
Per tale ragione Diocleziano, seguito poi dagli altri imperatori del IV secolo, introdusse l’ereditarietà dei mestieri, cioè la proibizione di cambiare lavoro e l’obbligo per i figli di continuare a svolgere il lavoro dei padri. In questo modo gli imperatori contavano non solo di ridurre le fughe per evitare il pagamento delle tasse, ma anche di mantenere attivi settori basilari per la vita dell’impero come l’agricoltura e l’artigianato.
Diocleziano abdica e si ritira a vita privata
Il 1° maggio 305, in base a quanto stabilito nell’ordinamento tetrarchico, Diocleziano abdicò e si ritirò a vita privata nel suo splendido palazzo di Spalato, dove morì il 3 dicembre del 311 d.C.
Anche Massimiano dovette abdicare e l’impero passò nelle mani dei cesari Galerio (305-311) e Costanzo Cloro (305-306). Entrambi assunsero il titolo di augusti e scelsero a loro volta due collaboratori e successori: Flavio Valerio Severo e Massimino Daia.
Ma il sistema tetrarchico ideato da Diocleziano non riuscì ad assicurare pace all’Impero: ricominciarono le lotte per la conquista del trono imperiale. Leggi il seguito qui.