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Donne ch’avete intelletto d’amore analisi

Donne ch’avete intelletto d’amore di Dante Alighieri è la prima canzone della Vita Nova (contenuta nel XIX capitolo). Si compone di cinque strofe (o stanze) di quattordici versi endecasillabi con schema ABBC, ABBC, CDD, CEE.

La canzone è divisibile in tre parti: proemio (stanza I); trattazione (stanze II, III, e IV); congedo (stanza V).

Donne ch’avete intelletto d’amore parafrasi

vv 1-14 Donne che sapete cosa sia l’amore, io voglio parlare a voi della mia donna, non perché io creda di esaurire le lodi a lei dovute, ma solamente parlare per sfogare i miei pensieri.
Io intendo dire che quando considero le sue virtù, Amore si fa sentire in me così dolcemente, che se io a quel punto non perdessi il coraggio, con le mie parole farei innamorare tutta la gente.
E infatti io non voglio poetare in uno stile così alto da diventare insicuro per la paura; ma tratterò della sua nobiltà superficialmente rispetto a lei, parlando con voi, donne e fanciulle esperte d’amore, dato che non è argomento di cui parlare con altri.

vv. 15-28 Un angelo si lamenta con l’intelligenza di Dio e dice: «Signore, nel mondo si vede un miracolo incarnato, che si manifesta in un’anima che risplende fin quassù».
Il cielo, che non ha altra mancanza che la mancanza di avere lei, la richiede al suo signore, e ciascun santo chiede la grazia di avere lei.
Solo la Pietà difende la nostra causa, in quanto Dio, riferendosi alla mia donna, dice: «O miei eletti, per ora sopportate serenamente che ciò che desiderate sia per quanto mi fa piacere là dove c’è qualcuno che aspetta di perderla, e che anche nell’inferno dirà: O dannati, io ho visto colei che i beati desideravano avere con sé».

vv. 29-42 La mia donna è desiderata nell’alto dei cieli: dunque voglio informarvi del suo potere spirituale.
Affermo che chi vuole apparire una donna nobile deve andare con lei, dato che quando lei cammina per la strada, Amore getta nei cuori non nobili un impedimento per il quale ogni loro pensiero diventa di ghiaccio e muore; e chiunque avesse la forza di starla a vedere diventerebbe nobile o morirebbe.
E quando Beatrice incontra qualcuno che sia degno di guardarla questi sperimenta il valore di lei, perché tutto ciò che ella gli dona si trasforma in beatitudine, e lo rende umile a tal punto che dimentica ogni offesa.
Dio le ha donato ancora così tanta grazia che non può venir dannato chiunque le abbia parlato.

vv. 43-56 Amore dice di lei: «Come può un essere mortale essere così bello e puro?». Poi la guarda attentamente e conclude fra se stesso che Dio ha intenzione di farne qualcosa di eccezionale.
Ha colorito quasi di perle, nel modo in cui è giusto averne da parte di una donna, non fuori di misura: ella è la massima perfezione che la natura può realizzare; la bellezza si commisura sul suo modello.
Dai suoi occhi, non appena lei li muova, escono spiriti infiammati d’amore, i quali feriscono gli occhi a chiunque la guardi in quel momento, e penetrano fino al cuore di ciascuno: voi le vedete Amore dipinto nel viso, là dove nessuno può guardarla fissamente.

vv. 57-70 O canzone, io so che tu parlerai con molte donne quando io ti avrò resa pubblica.
Ora, poiché ti ho allevata come una figlia di Amore giovane e semplice, ti ammonisco di chiedere cortesemente dovunque tu giunga: «Indicatemi la strada, poiché io sono stata indirizzata a colei delle cui lodi sono abbellita».
E se non vuoi muoverti inutilmente, non fermarti dove si trovi gente vile: fa’ in modo, se puoi, di rivelarti solo a donne  o uomini cortesi, i quali ti condurranno là per la via più breve.
Con lei tu troverai Amore; raccomandami a lui meglio che puoi.

Donne ch’avete intelletto d’amore analisi e commento

La canzone dà inizio alla poetica della lode, e ha avuto da subito notorietà.

Dante stesso, in un episodio del Purgatorio (Purgatorio, canto XXIV, vv. 50-57), insiste sul fatto di aver dato vita alle «nove rime», mettendo in bocca a Bonagiunta Orbicciani parole di apprezzamento.

Dante in questo componimento ha saputo fondere in un insieme organico temi già trattati dai modelli precedenti, valorizzando gli aspetti assunti da ciascuno di essi. La canzone, infatti, riprende temi già trattati:

  • dalla poesia provenzale e dalla poesia siciliana: la descrizione della bellezza fisica di Beatrice e l’invito, diretto al componimento (nel congedo), di recarsi e presentarsi alla donna amata con modi cortesi seguono uno schema già tipico della lirica cortese e siciliana;
  • da Guinizzelli: nel componimento di Dante è sostenuta con forza la nobiltà d’animo al posto di quella del sangue, così come in Al cor gentil rempaira sempre amore di Guinizzelli. Sempre dallo stesso autore Dante riprende il tema della lode (Io voglio del ver la mia donna laudare);
  • da Cavalcanti: la scelta di rivolgersi a un pubblico di donne esperte d’amore è un tema tipico di Cavalcanti, così come lo è il tema dell’amore che raggiunge il cuore del poeta passando attraverso gli occhi e provenendo dallo sguardo dell’amata (Voi che per li occhi mi passaste ‘l core). Inoltre Dante raccomanda alla sua canzone di non mostrarsi a «gente villana» (v. 65) che non saprebbe apprezzarla, proprio come Cavalcanti fa nella sua «ballatetta» Perch’ i’ no spero di tornar giammai.

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