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Eccidio di Cefalonia, settembre 1943

L’eccidio di Cefalonia fu compiuto dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 con le truppe americane e inglesi. Autori dell’eccidio furono reparti dell’esercito tedesco nei confronti di 12 mila soldati italiani che presidiavano l’isola greca di Cefalonia.

In massima parte i soldati italiani presenti facevano parte della Divisione Acqui, ma c’erano carabinieri ed elementi della Guardia di Finanza, della marina e dell’aeronautica.

Eccidio della Divisione Acqui a Cefalonia

Dopo l’armistizio di Cassibile, i tedeschi pretendevano la resa degli italiani. Il generale Antonio Gandin, dal giugno ’43 comandante della Divisione Acqui, chiese ai suoi uomini di scegliere: l’alleanza con i tedeschi, la resa, o la resistenza.

Con un vero e proprio referendum, i soldati, nonostante l’evidente superiorità dei tedeschi, scelsero all’unanimità di resistere. Ma dopo dieci giorni di duri combattimenti, gli italiani, che avevano già perso 1300 uomini, si arresero.

La vendetta nazista dopo la resa fu però spietata. Per ordine di Hitler 5000 militari italiani furono fucilati o massacrati; i corpi gettati in burroni e cave, in parte bruciati; tanti lasciati in pasto agli animali. Il generale Antonio Gandin fu fucilato per non aver accettato la resa.

Tremila sopravvissuti furono imbarcati per essere condotti nei campi di concentramento, ma la presenza di mine subacquee affondò le navi o furono silurate con gravissime perdite umane.

Analoghi avvenimenti si verificarono a Corfù, che ospitava un presidio della stessa Divisione Acqui.

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