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Le dodici fatiche di Ercole

Le 12 fatiche di Ercole narra il mito di Eracle (Ercole era il nome che usavano i Romani). L’eroe gode della doppia natura, terrena e celeste, perché figlio di Zeus e di Alcmena moglie di Anfitrione.

Il mito di Ercole

La moglie ufficiale di Zeus, Hera, per vendicarsi dell’infedeltà del marito, mandò alla culla del neonato due grossi serpenti marini che avrebbero dovuto ucciderlo. Ma già pochi mesi dopo la nascita, Eracle aveva una forza eccezionale e così strozzò i due serpenti.

Istruito nell’arte della guerra e del combattimento, si dette anche alla musica, nonostante che in questa disciplina il futuro eroe non apparisse molto portato, ricevendo spesso rimproveri dal suo maestro. Proprio in seguito a una punizione che questi gli inflisse, Eracle in un’accesso d’ira, lo uccise; allora Anfitrione, che esercitava su di lui la patria potestà, lo mandò lontano da Tebe a espiare. Eracle rimase sul monte Citerone fra i pastori fino ai diciotto anni.

Ormai uscito dalla fanciullezza, Eracle diede ulteriormente prova della sua indole liberando Tebe dal tributo di cento buoi, imposto annualmente dal re d’Orcomeno. In seguito a ciò, il re Creonte diede in sposa la figlia Megara all’eroe; Eracle, però, in un ennesimo eccesso di rabbia causato da Hera, si macchiò di un altro orrendo delitto: gettò nel fuoco i suoi tre figli, più altri due che Megara aveva avuto in precedenza. Fu così che, per volontà di Pizia, sacerdotessa di Apollo, egli dovette andare esule presso il re Euristeo di Tirinto. Questi gli impose una serie di prove da affrontare per espiare la sua colpa. Sono le dodici famose fatiche, che Eracle/Ercole riuscirà a portare a termine.

La prima fatica di Ercole: il leone di Nemeo

La prima fatica o impresa che dovette affrontare fu la lotta contro il leone di Nemea, dalla pelle invulnerabile. Per uccidere questa creatura l’eroe dovette immobilizzarla in una caverna e strozzarla con le proprie mani; dopo averlo scuoiato si rivestì della sua pelle come di un’impenetrabile corazza.

La seconda fatica di Ercole: uccisione dell’Idra di Lerna

La seconda impresa fu l’uccisione dell’Idra di Lerna. Questa volta doveva affrontare uno smisurato serpente con più teste: quella centrale era immortale, le altre rinascevano dopo essere state staccate dal corpo. Eracle con l’aiuto dell’auriga Iolao, che fu suo compagno in queste imprese e suo aiutante, diede alle fiamme un bosco che si trovava lì vicino e con i tronchi infuocati cominciò a bruciare le teste dell’idra. Schiacciò l’ultima, quella immortale, con un grosso macigno. Eracle intinse le sue frecce nella bile dell’animale e da quel momento, quando andavano a segno, provocavano ferite che non si rimarginavano mai.

La terza fatica di Ercole: la cattura della cerva di Cerinea

Nella terza impresa Eracle per ordine di Euristeo doveva catturare viva la cerva di Cerinea, sacra a Diana, un animale particolare in quanto aveva le corna e gli zoccoli d’oro. L’eroe le diede la caccia per un anno, inseguendola fino alla terra degli Iperborei, e alla fine riuscì a catturarla.

La quarta fatica di Ercole: la cattura del cinghiale di Erimanto

Come quarta fatica doveva catturare il cinghiale di Erimanto e portarlo al re Euristeo, poiché la bestia causava gravi danni nei campi delle regioni vicine. Egli spinse l’animale sulla cima di un monte coperto di neve; poi lo afferrò e lo immobilizzò; lo legò ben bene per portarlo vivo a Euristeo, il quale fu preso dalla paura nel vederlo e si infilò in una botte.

La quinta fatica di Ercole: le stalle di Augia

Come quinta fatica fu deciso che egli dovesse pulire in un solo giorno le stalle di Augia, figlio di Elios. Eracle vi riusì deviando il corso di due fiumi e sommerse gli enormi ammassi di letame con l’impeto dell’acqua.

La sesta fatica di Ercole contro gli uccelli di Stinfalo

La sesta fatica prevedeva l’annientamento dei mostruosi uccelli del lago Stinfalo in Arcadia. Essi avevano artigli, becco, ali e penne di bronzo; si nutrivano di carne umana e usavano le proprie penne a mo’ di frecce per catturare la preda. Eracle riuscì a spaventarli con certi sonagli di bronzo, opera di Efesto, che gli aveva donato Atena. Dopodiché li uccise con le armi di cui disponeva: frecce, clava, pietre.

La settima fatica di Ercole: il Toro di Creta

Eracle dovette poi sottoporsi alla settima prova che consisteva nel catturare il Toro di Creta. Questo mostro correva su e giù per l’isola seminando il terrore fra gli abitanti e distruggendo le campagne. Egli riuscì a catturarlo e a riportarlo vivo a Minosse, che successivamente lo rimise in libertà. Il Toro fece poi la sua apparizione a Maratona e in seguito verrà sconfitto da Teseo.

L’ottava fatica di Ercole: le cavalle di Diomede

Nell’ottava fatica dovette affrontare le cavalle di Diomede, re dei Bistoni, in Tracia. Questi per far cibare le sue bestie di carne umana, faceva uccidere tutti gli stranieri che passavano per la sua terra. Eracle s’impadronì delle bestie, dette loro in pasto lo stesso Diomede, le legò e le portò vive al re Euristeo, come egli aveva richiesto.

La nona fatica di Ercole: le Amazzoni

Per superare la nona fatica Eracle doveva impadronirsi della cintura che Ippolita regina delle Amazzoni aveva ricevuto in dono da Ares.

Il premuroso Euristeo voleva infatti donarla alla figlia Admeta. Eracle, dunque, accompagnato da altri eroi come Teseo, Peleo, Telamone, si recò a Temiscira, la città delle Amazzoni. Presentatosi al cospetto della regina, essa si disse disposta a cedere all’eroe la preziosa cintura, senonché all’ultimo momento Hera, moglie di Zeus, la nemica giurata di Eracle, diffuse tra le Amazzoni la falsa notizia che egli era venuto con l’intenzione di rapire la regina. Naturalmente le Amazzoni non esitarono un solo istante a prendere le armi per difendere Ippolita. Ma Eracle, accortosi in tempo della minaccia, uccise la regina e s’impadronì della cintura. Secondo un’altra tradizione, ottenne la cintura ma non uccise Ippolita; l’avrebbe data in moglie a Teseo.

La decima fatica di Ercole: affronta Gerione

Eracle quindi si recò nell’Estremo Occidente con il carro del Sole, giungendo nell’isola di Eritia (collocabile in qualche punto del Marocco), dove abitava Gerione, un mostro orrendo che dalla cintura in su aveva tre corpi.

Gerione era padrone di magnifici buoi dal manto rosso, che erano sorvegliati da un pastore e da un cane a due teste. Eracle trafisse Gerione con le frecce e riuscì a guidare le bestie fino alla reggia di Euristeo facendo fronte a vari imprevisti, fra cui un assalto dei Liguri, respinto da una scarica di pietre provocata da Zeus, e un tafano inviato dalla solita Hera che innervosì e disperse molti buoi.

L’undicesima fatica di Ercole e le mele d’oro

Come undicesima prova il nostro eroe doveva recarsi al giardino delle Esperidi e prendere le mele d’oro che vi erano custodite gelosamente.

Si trattava in effetti del dono che Gea aveva fatto a Hera nel giorno del suo matrimonio con Zeus. Eracle doveva così metttersi in contrasto ancora una volta con la dea che gli era stata ostile fin dal giorno della sua nascita.

Dopo svariate disavventure Eracle riuscì a portarle via dal giardino delle Esperidi e le consegnò al re di Tirinto. Poco tempo dopo, però, Atena le rimise al loro posto dove sarebbero rimaste per sempre. A nessun mortale era infatti consentito il possesso di questi pomi che donavano al loro proprietario la conoscenza degli arcani e la percezione del bene e del male.

La dodicesima fatica di Ercole: la cattura del cane Cerbero

Come dodicesima prova doveva recarsi nell’Oltretomba e catturare Cerbero, il mostruoso cane dalle tre teste. Ade impose a Eracle di catturare Cerbero senza far uso delle armi: permetteva che l’eroe lo portasse verso la luce, ma avrebbe dovuto restituirlo subito al regno al quale per sempre doveva appartenere. Ed Eracle si impegnò sulla parola, strinse alla gola Cerbero, nonostante il morso che ne aveva ricevuto, lo condusse da Euristeo e lo riportò indietro.

Le successive avventure

Oramai Eracle, dopo aver compiuto felicemente tutte le prove alle quali era stato sottoposto, era libero di andarsene dove voleva. Per sua natura era però inevitabile che si imbattesse in numerose altre avventure. E così: per vendicare un’ingiuria avuta da Ifito, Eracle lo getta dalle mura di Tirinto. Per espiare questo nuovo delitto, Eracle viene condannato dall’oracolo a un anno di schiavitù presso la regina Onfale di Lidia, la quale fa di lui il suo zimbello. Ma, riacquistata la libertà, l’eroe libera la bellissima Deianira dalle ingrate nozze col mostro Acheloo, la sposa e poi parte con lei per nuove imprese. Giungono sulle rive di un fiume in piena. Il centauro Nesso si offre di traghettarli, ma quando ha la bella Deianira in groppa, tenta di rapirla; Eracle uccide il centauro con una delle sue frecce avvelenate. Nesso, morente, per vendicarsi, induce Deianira a inzuppare una tunica nel suo sangue per farla indossare a Eracle, il quale, appena indossatola, sente bruciare le vene: si prepara un rogo, gli dà fuoco, vi sale sopra e scompare tra le fiamme. Ma un carro mandato da Zeus, trasporta l’eroe sull’Olimpo, dove Eracle si riconcilia con Hera e sposa la figlia di lei, Ebe.

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