L’esilio di Dante è durato ben vent’anni ed è preceduto da importanti eventi storici.
Esilio di Dante contesto storico
Nel XIII secolo (13° secolo) i ricchi comuni italiani facevano formalmente parte del Sacro romano impero germanico, ma erano di fatto indipendenti e lottavano per la supremazia con i rivali confinanti.
Così la classe dirigente di Firenze e di molte altre città si divise in due fazioni: i ghibellini, favorevoli alla restaurazione dell’autorità imperiale sull’Italia, e i guelfi, che favorivano il papa nel suo progetto di controllo dell’Italia.
Negli ultimi anni del Duecento, emarginati i ghibellini, la fazione guelfa si divise fra i Neri, schierati con papa Bonifacio VIII, e i Bianchi, che difendevano l’autonomia del comune.
Dante Alighieri, nato a Firenze nel 1265 da una famiglia di piccoli possidenti guelfi, si schierò con i Bianchi. Nell’estate del 1300 fu eletto fra i sei priori, la suprema magistratura cittadina. Ma alla fine del 1301 papa Bonifacio VIII, grazie all’appoggio dell’esercito francese, rovesciò il governo dei Bianchi. I Neri, allora, saliti al potere repressero brutalmente gli avversari con esili, condanne e confische.
Dante, che era a Roma, in ambasceria dal papa, fu condannato a morte in contumacia il 10 marzo 1302; da allora non vide mai più Firenze.
L’esilio di Dante Alighieri
Avendo con sé poco denaro, Dante dovette vagare in cerca di ospitalità nelle corti dei signori in varie città della Toscana, a Treviso, Padova, Verona, e infine Ravenna.
Scrivere divenne l’unica attività con cui mantenersi. Ma soprattutto fu lo strumento per riaffermare la propria dignità e per invocare un profondo rinnovamento morale sia della politica italiana sia delle due istituzioni universali: il papato e l’impero.
Le opere dell’esilio di Dante
Durante l’esilio Dante compose quasi tutte le sue opere. Tra esse, il Convivio, scritto tra il 1304 e il 1307. Doveva raccogliere e commentare in volgare quattordici canzoni di argomento teologico e filosofico, ma si fermò alla terza.
In latino, negli stessi anni, Dante argomentò la necessità di un volgare letterario per tutta l’Italia nel trattato De vulgari eloquentia, rimasto anch’esso incompiuto. Dante stava infatti ideando il suo capolavoro, la Commedia, in lingua volgare, a cui si dedicò dal 1304-1305 circa fino agli ultimi anni di vita.
In latino Dante compose invece le tredici Epistole, indirizzate a potenti e città d’Italia in varie occasioni, e il trattato in tre libri De Monarchia, in cui argomenta che l’autorità dell’imperatore è indipendente da quella papale.
Gli ultimi anni dell’esilio di Dante Alighieri
Nell’agosto del 1321 Dante si recò a Venezia come ambasciatore di Guido Novello da Polenta, il signore di Ravenna, la città che lo ospitava.
Di ritorno attraversò le paludi di Comacchio dove contrasse la malaria. Il 14 settembre morì e fu sepolto a Ravenna con tutti gli onori.
Gli ultimi versi dell’epitaffio latino, iscritto nel 1327 e leggibile sul suo sarcofago, dicono: «qui sono racchiuso io, Dante, esule dalla patria terra, mi generò Firenze, madre di poco amore».