La gens romana (al plurale gentes) era formata da un gruppo di famiglie patrizie romane imparentate perché ritenevano di discendere da un antenato comune. Spesso questi antenati comuni erano personaggi avvolti nella leggenda e si riteneva che fossero eroi o imparentati con gli dèi.

I membri della gentes erano chiamati gentili (gentiles); rinsaldavano il proprio legame attraverso culti religiosi distinti da quelli pubblici, sepolture comuni, tradizioni, assemblee.

I componenti di una gens romana avevano tre nomi: il prenome (era quello personale); il nome (indicava la gens di appartenenza); il cognome (corrispondeva più o meno a ciò che noi definiamo “soprannome”). Per esempio nel nome Caio Giulio Cesare: Caio era il nome personale; Giulio era il nome e indicava la gens Iulia; Cesare era il cognome e indicava la famiglia di appartenenza (quella dei Cesari).

Ogni gens romana possedeva molte terre e in questo risiedeva la sua importanza, perché in una società agricola come quella romana nel primo periodo della sua storia, il possesso della terra e del bestiame era la ricchezza più sicura e più visibile.

Coloro che appartenevano a una gens potevano sedere in Senato, godevano di un forte potere politico e costituivano la classe più nobile e ricca della città: i patrizi.

Della gens romana facevano parte anche liberti (schiavi liberati) e clienti. Essi ricevevano il nomen gentilicium, che potevano trasmettere alla propria discendenza, pur non essendo gentiles.

Tutti gli altri, cioè la maggioranza del popolo (più povero e senza nobili antenati), non avevano potere e costituivano la classe sociale inferiore: i plebei.

I plebei erano i poveri della città, ma di questa classe sociale facevano parte anche gli artigiani e i mercanti, cioè coloro che disponevano di una certa ricchezza ma non possedevano terre.

 

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