Gioacchino da Fiore nacque in Calabria nel 1130. Dal 1191 fu abate del chiostro da lui fondato in Calabria, sulle montagne della Sila, in San Giovanni in Fiore e qui morì nel 1202.
Il monaco cistercense calabrese scrisse alcune opere di commento e interpretazione delle Sacre Scritture. In particolare, sulla base di un passo dell’Apocalisse (20, 1-4) – l’ultimo libro del Nuovo Testamento – condannò aspramente la corruzione della Chiesa e profetizzò l’avvento di una nuova era cristiana, un’età di rinnovamento in cui Dio e il Bene avrebbero governato la vita umana.
Gioacchino da Fiore le tre età
Gioacchino divideva la storia dell’umanità in tre età: l’Età del Padre, l’Età del Figlio e, infine, l’età dello Spirito Santo.
La prima età, l’Età del Padre, è stata dominata da Dio Padre, corrispondente alle narrazioni dell’Antico Testamento, un’epoca primitiva di barbarie e schiavitù.
La seconda età, l’Età del Figlio, compresa tra la venuta del Cristo e il 1260, rappresentata dal Nuovo Testamento, è un’epoca sempre caratterizzata da disuguaglianza e dispostismo, col clero nel ruolo di ceto dominante.
Il 1260 segna l’inizio della terza età, il “nuovo millennio”, l’Età dello dello Spirito Santo, fondata sull’innocenza e sulla concordia della comunità umana; l’umanità intera, liberata da ogni egoismo e riscattata da ogni ingiustizia sociale, avrebbbe avuto un contatto diretto con Dio.
La Chiesa lo scomunicò e le sue dottrine furono condannate dal Concilio Lateranense del 1215. Ma il pensiero di Gioacchino da Fiore, che profetizzava la rigenerazione spirituale dell’umanità e condannava la corruzione dei potenti laici ed ecclesiastici, ebbe numerosi seguaci, chiamati gioachimiti, e un impatto fortissimo sul mondo medievale.
Dante Alighieri, ad esempio, lo considerò un profeta e lo citò nel canto XII del Paradiso; l’utopia di una società fondata sugli ideali egualitari del Vangelo alimentò anche la formazione, nel Duecento e nel Trecento, di vari movimenti evangelici che predicavano la povertà, tra cui il francescanesimo.