Giovanni Gentile (1875-1944) nato a Castelvetrano, in provincia di Trapani, fu filosofo, storico della filosofia e uomo politico.
Ministro della Pubblica Istruzione nel primo governo Mussolini (dal 1922 al 1924), realizzò la riforma della scuola che porta il suo nome (per un approfondimento leggi Riforma Gentile sulla scuola, 1923).
Nel 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana; l’anno seguente, il 15 aprile 1944, venne ucciso davanti alla sua casa di Firenze dai partigiani, per aver approvato la fucilazione di cinque giovani renitenti alla leva.
Opere
Opere principali: La riforma della dialettica hegeliana (1913); Teoria generale dello spirito come atto puro (1916); Sistema di logica come teoria del conoscere (1917-1922).
Giovanni Gentile Manifesto degli Intellettuali Fascisti
Nel 1925, Gentile scrive il Manifesto degli Intellettuali Fascisti, riuniti in congresso a Bologna; il manifesto apparve sui quotidiani il 21 aprile dello stesso anno, giorno istituito dal fascismo come solennità nazionale per celebrare la fondazione di Roma a opera di Romolo. Tra i firmatari del Manifesto c’erano, tra gli altri, lo scrittore Luigi Pirandello, il poeta dialettale Salvatore Di Giacomo, Filippo Tommaso Marinetti, autore del Manifesto del Futurismo, e altri futuristi.
Nella concezione di Giovanni Gentile, Stato e individuo si identificano, perché la volontà dello Stato è sintesi suprema delle volontà individuali: non c’è distinzione tra privato e pubblico e non c’è possibilità di porre limiti all’azione dello Stato. Nel manifesto da lui redatto il fascismo è legittimato dunque a usare la violenza contro chi gli si oppone, perché ostacolare il partito e il suo “duce” (Benito Mussolini) significa, secondo Gentile, minacciare la sacralità dello Stato, e quindi la patria.
Proprio questa posizione teorica che sottende una concezione antiliberale e antidemocratica, fa sì che Gentile venga considerato come principale teorico del fascismo.
Il pensiero di Giovanni Gentile: attualismo
Il pensiero di Giovanni Gentile è noto con il nome di idealismo attuale o attualismo. Pur rifacendosi all’idealismo di Hegel, a quest’ultimo Gentile addebita il torto di avere attribuito troppa importanza al “pensato”, cioè all’oggetto del pensiero. Ritiene invece che ogni dialettica o sviluppo del reale sia da rintracciare esclusivamente all’interno del “pensante”, cioè del soggetto che pensa o dell’atto del pensare. L’unica realtà per Gentile è quindi il pensiero in atto: di qui il termine attualismo