Giovanni Verga chi è? dove e quando è nato? cosa ha scritto? qual è il suo pensiero? che tecnica narrativa utilizza nei suoi romanzi?
Per rispondere a tutte le vostre domande abbiamo preparato un Giovanni Verga riassunto completo che vi consentirà di studiare e memorizzare in modo facile.
Chi è Giovanni Verga?
Giovanni Verga è il massimo esponente del Verismo, di cui fu anche uno dei principali teorici. Qui puoi leggere il riassunto sul Verismo: Il Verismo in Italia: principi fondamentali.
Giovanni Verga vita e opere
Giovanni Verga nasce a Catania il 2 settembre 1840, in una benestante famiglia di proprietari terrieri.
Nel 1858 si iscrive alla facoltà di giurisprudenza; all’arrivo di Giuseppe Garibaldi (1860) si arruola nella Guardia Nazionale e rimane in servizio fino al 1864. In quegli anni scrive e pubblica alcuni romanzi di contenuto patriottico (I carbonari della montangna, 1861-62; Sulle lagune, 1863); collabora con numerose riviste politiche e letterarie.
Dal 1869 soggiorna a Firenze, allora capitale d’Italia e centro culturale; continua la sua attività di narratore e stringe amicizia con letterati e uomini di cultura; fra questi Luigi Capuana, che con Verga diviene il teorico del Verismo, contribuendo alla sua affermazione.
Nel 1872 si trasferisce a Milano. Negli anni del soggiorno fiorentino e milanese Verga scrive romanzi che rispondono al gusto dell’epoca e che riscuotono successo presso il grande pubblico (Una peccatrice, Storia d’una capinera, Eva, Eros, Tigre reale). Qui trovi il riassunto di Storia di una capinera: Storia di una capinera.
Dopo l’incontro con gli esponenti della Scapigliatura milanese, però, si manifesta in lui una certa avversione nei confronti della società borghese e un sempre maggiore interesse per la vita “vera” degli uomini di più umile condizione.
Giovanni Verga abbandona così i personaggi aristocratici e borghesi e le loro artificiose passioni e scopre il mondo degli umili, dei diseredati e degli oppressi.
Prende quindi a descrivere le misere vicende di questa povera umanità in modo “oggettivo”: lascia cioè parlare le cose e i fatti stessi, senza interventi e commenti personali; adotta immagini, vocaboli, frasi e strutture sintattiche adeguati alla realtà di questi nuovi personaggi. Scrive così la novella Nedda (1874). Trovi qui il riassunto su Nedda: Nedda riassunto e analisi.
Questo mondo “vero”, di passioni elementari ma “vere” e di uomini strettamente legati alla dura realtà della vita quotidiana, è poi oggetto, negli anni successivi, di tutte le più importanti opere di Verga: dalle raccolte delle novelle di Verga Vita dei campi (1880) e Novelle rusticane (1883) ai romanzi I Malavoglia (1881) e Mastro don Gesualdo (1889), due romanzi che avrebbero dovuto far parte di un più ampio ciclo, Il ciclo dei vinti, che però non fu mai condotto a termine. Qui trovi il riassunto dei Malavoglia e di Mastro don Gesualdo: I Malavoglia; Mastro don Gesualdo.
Nel 1893, Verga Giovanni fa ritorno in Sicilia, a Catania, dove rimane, in un silenzioso isolamento, fino alla morte, avvenuta il 27 gennaio 1922.
Poetica di Verga: il pessimismo verghiano
La vita, secondo lo scrittore, è una triste condizione di lotta per la sopravvivenza tra uomini che, vincitori oggi, saranno domani alla loro volta dei vinti; se nell’insieme la società sembra caratterizzata da un continuo progresso, in realtà all’interno di quel progresso si svolgono e si intrecciano i singoli casi di tanti costretti a soggiacere ad uno spietato inesorabile destino di miseria e di disfatta.
Il pessimismo verghiano risiede tutto nell’accettazione fatalistica di questa realtà, che nulla vale a mutare o a consolare, di questa condizione umana dalla quale nessuno è dato di evadere.
Tuttavia, la visione pessimistica di Verga del mondo è confortata da tre elementi positivi.
Il primo è quel sentimento della grandezza e dell’eroismo umano che porta Verga ad assumere verso i “vinti” un atteggiamento misto di pietà e ammirazione: pietà per le miserie e le sventure che li travagliano, ammirazione per la loro virile rassegnazione. Figura simbolo della grandezza e dell’eroismo umano è padron ‘Ntoni de I Malavoglia.
Secondo elemento positivo è la fede in alcuni valori che sfuggono alle ferree leggi del destino e della società: la religione della famiglia e della casa (intesa come centro di affetti e di solidarietà); la dedizione al lavoro; il senso dell’onore e della dignità; la fedeltà alla parola data; lo spirito di sacrificio; l’amore nutrito di sentimenti profondi, fatto di silenzi, di sguardi furtivi, di pudore, di gesti misurati, di allusioni velate (come quello tra Mena e compare Alfio; tra Alessi e la Nunziata; tra Mastro-don Gesualdo e Diodata).
Il terzo elemento positivo è la saggezza che ci viene dalla coscienza dei nostri limiti e ci aiuta a sopportare le delusioni.
La tecnica narrativa di Giovanni Verga: la tecnica dell’impersonalità dell’arte
Nei due romanzi portati a compimento (I Malavoglia e Mastro don Gesualdo), Verga perfeziona la tecnica dell’impersonalità dell’arte.
La tecnica dell’impersonalità prevede: assoluta estraneità dell’autore rispetto alla storia che narra; essenzialità della forma; l’uso del discorso indiretto libero.
Assoluta estraneità dell’autore rispetto alla storia che narra
Dunque «rappresentazione della realtà», senza interferenze, giudizi o riflessioni morali. Il documento parla da sé. È questa l’impersonalità dell’arte. Lo scrittore si sposta, lasciando che siano i personaggi del racconto a presentarsi e a vivere.
Essenzialità della forma
Il linguaggio, pur allontanandosi dalla lingua nazionale, è ricco di espressioni dialettali siciliane e di modi di dire e proverbi popolari. La sintassi è semplice, con la prevalenza della coordinazione.
L’uso del discorso indiretto libero
Giovanni Verga presenta i pensieri dei personaggi direttamente nella narrazione, senza verbo reggente (disse, esclamò, affermava ecc.) né virgolette.
Giovanni Verga opere
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